L’Alta Corte del Sud Africa ha negato al colosso petrolifero britannico Shell la possibilità di continuare a condurre test sismici a largo della incontaminata Wild Coast, paradiso per l’allevamento di balene. Comunità locali e ambientalisti esultano, ringraziando la Corte per aver ascoltato “coloro che non hanno voce”, ovvero quei gruppi indigeni che vivono vicino al litorale interessato. “Rispettiamo la decisione della Corte e abbiamo sospeso i test mentre valutiamo la sentenza”, afferma un portavoce della terza compagnia petrolifera al mondo. Il semaforo rimarrà rosso finché non verrà determinato se Shell necessiti di un’ulteriore autorizzazione ambientale.

Le esplorazioni petrolifere in programma e i test sismici che il colosso ha pianificato nell’area hanno scatenato una pioggia di proteste da parte degli ambientalisti, preoccupati per gli animali marini nell’area e soprattutto per l’impatto sulla migrazione delle balene. Un altro procedimento legale avviato da associazioni ecologiste tra cui Greenpeace non aveva dato i risultati sperati. I loro legali hanno però continuato a battersi. Davanti all’Alta Corte hanno messo in evidenza come Shell non abbia adeguatamente consultato le comunità che maggiormente avrebbero subito le conseguenze dei test e delle esplorazioni. In tribunale hanno anche presentato prove sulla minaccia che Shell rappresentava per l’ecosistema marino.

Fra le critiche mosse al colosso anche quella di aver ottenuto l’iniziale via libera all’esplorazioni grazie al ricorso a norme ormai soppresse. Il disco verde iniziale era stato infatti ricevuto nel 2014 pochi mesi prima che nuove leggi sulla tutela ambientale entrassero in vigore. E’ una vittoria “significativa” perché mostra come “non importa quanto sia una grande una società, chi ignora le comunità locali lo fa a suo pericolo”, afferma uno degli avvocati vincitori osservando come il caso abbia messo in evidenza con forza le difficoltà delle comunità locali a rivendicare i loro diritti sul territorio. “Le loro voci – aggiunge – sono state ascoltate e i loro diritti costituzionali rispettati”.

Shell, insieme ad Eni, è fortemente presente in Nigeria dove estrae petrolio nel delta del fiume Niger dal 1958. Lo scorso è stata condannata per disastro ambientale e a pagare 111 milioni di dollari di risarcimenti alle comunità locali per i danni causati dalle fuoriuscite di greggio tra il 1967 e il 1970. Sono tutt’ora in corso numerosi altri procedimenti contro la compagnia per altri episodi simili.

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