Un presidio per tornare a sollecitare il governo Draghi a rispettare il voto del Parlamento, conferendo la cittadinanza italiana allo studente di Bologna Patrick Zaki, dopo 22 mesi di detenzione arbitraria in custodia cautelare in Egitto. Questa l’iniziativa organizzata a Roma, da Station to Station e 6000Sardine (alla quale hanno aderito diverse associazioni) per tornare a chiedere la liberazione del giovane, sotto processo perché accusato per gli articoli scritti per il sito libanese Daraj, in vista della prossima udienza del 7 dicembre.
“Potrebbe essere l’udienza decisiva – ha spiegato Riccardo Noury (portavoce Amnesty International Italia) – dato che i processi celebrati dai Tribunali di emergenza in Egitto durano poco. Speriamo che al Cairo finalmente un giudice ammetta che Patrick è innocente”. E ancora: “Circa 60mila sono i prigionieri politici in Egitto, diverse migliaia quelli incarcerati e sotto processo per reati d’opinione. La giustizia egiziana è il braccio di un sistema di repressione”, ha continuato Noury.
Da Station to Station, nonostante l’immobilismo dell’esecutivo, continuano così a rivendicare come sia necessario attribuire la cittadinanza italiana a Zaki: “Ci è stato detto di non fare rumore, ma non crediamo sia questa la strada. E il Governo deve rispettare il volere del Parlamento, che è espressione di noi cittadini”, ha rilanciato Marina Baldisserri.
“Sia il Parlamento Ue che quello italiano hanno fatto la propria parte rispetto al tema dei diritti umani in Egitto. Peccato che non siano stati prodotti risultati, dato che in Italia l’iniziativa dell’esecutivo Draghi in merito è rimasta alla ‘casella zero’. Questo corrisponde alla strategia dei vari governi italiani rispetto alle relazioni con il Cairo, basata su un dialogo privo di critica“, ha attaccato ancora Noury. E, nel giorno in cui la commissione parlamentare d’inchiesta sull’omicidio di Giulio Regeni ha, nella sua relazione, evidenziato come l’Egitto sia “l’unico responsabile della morte”, ma come il governo italiano abbia “favorito la normalizzazione dei rapporti”, anche Noury concorda: “Se allo stesso tempo accanto alle dichiarazioni di circostanza su Regeni e Zaki continuiamo a vendere armi, è chiaro che al Cairo si rendano conto che non siamo molto credibili“, ha concluso.
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