Scintille in Commissione di Vigilanza Rai durante l’audizioneproseguita mercoledì dopo le relazioni del giorno precedente – dei nuovi vertici della tv pubblica, la presidente Marinella Soldi e l’amministratore delegato Carlo Fuortes. Il tema sono ancora le nomine dei direttori di testata, che hanno scontentato non solo il Movimento 5 stelle (escluso dalle scelte con il siluramento di Giuseppe Carboni dal Tg1) ma anche il sindacato dei giornalisti (Usigrai) e i Comitati di redazione di Tg3 e RaiNews, con quest’ultimo in particolare a parlare di “nomine spartitorie” e piegate ai desiderata della politica. Martedì Fuortes ha ricordato come siano “la legge e lo statuto a chiedere che l’ad crei le condizioni per il parere positivo in cda”, che è nominato a maggioranza dalla politica. E il giorno dopo ha ammesso di aver avuto, “tra le molte interlocuzioni, anche interlocuzioni con rappresentanti dei partiti politici. Credo sia doveroso considerando il tipo di statuto e di legge a cui dovevo attenermi. Questo attiene alla mia indipendenza e autonomia”, ha rivendicato. “Se il Parlamento farà una legge in cui prevede un decalogo sul processo di formazione delle mie proposte, io mi ci atterrò strettamente”.

Parole che non convincono i componenti pentastellati della Vigilanza. “È chiaro che il vostro sia un mestiere difficile. Ma per queste nomine si poteva fare meglio e di più“, attaccano in una nota il vicepresidente della Commissione, il senatore Primo Di Nicola, e la capogruppo Sabrina Ricciardi. “Con un gradimento quasi plebiscitario ottenuto per il mandato come vertici dell’azienda”, ricordano, “questa governance avrebbe potuto fare nomine davvero in totale autonomia. Invece è stato fatto un salto nel buio dalla lottizzazione partitica a una lottizzazione che sarebbe stata delegata addirittura a palazzo Chigi. Se le notizie emerse fossero confermate, si sarebbe deciso di consegnare la Rai al governo”.

Di Nicola ha chiesto ai vertici un intervento anche a proposito di Stand by me, la società di produzioni televisive di Simona Ercolani, una delle principali fornitrici della Rai. Il nome di Ercolani compare nelle carte dell’inchiesta Open, che la presentano come autrice – insieme al marito Fabrizio Rondolino – di un piano di killeraggio mediatico (“character assassination”) di giornalisti e avversari politici a mezzo social, con l’aiuto di investigatori privati, proposto all’allora segretario del Pd Matteo Renzi. “Il compito di accertare la fondatezza dei rilievi menzionati e la valutazione di eventuali profili di illegalità compete alle procure: in Rai lavoriamo con tutti i produttori e i rapporti sono fondati su progetti editoriali, peraltro i fatti di cui parla sono avvenuti prima del nostro arrivo”, ha tagliato corto la presidente Soldi. “Non sappiamo se questo piano sia andato a compimento o meno, spetterà alla magistratura fare luce”, replica Di Nicola, “ma parliamo di un’azienda, la Rai, che deve tutelare la propria immagine e rispondere a dei criteri etici, per cui la risposta della presidente Soldi sulla questione secondo noi non è stata adeguata”.

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