Nelle ultime settimane si stanno notando iniziali piani di riavvicinamento portati avanti da alcuni Paesi arabi verso la Siria. Sebbene la visita del ministro degli Esteri degli Emirati a Damasco non sia stata una sorpresa, poiché gli Emirati sono sempre stati a favore del ricongiungimento con la Siria, è comunque un’importante dimostrazione del potenziale posseduto da Damasco per tornare alla Lega Araba.

La posizione degli Emirati sulla Siria ha subito una svolta radicale quando il paese del Golfo ha assunto posizioni forti contro i gruppi islamici che hanno preso il potere in alcuni paesi arabi durante la primavera araba. Il conflitto tra Emirati Arabi Uniti e Turchia ha spinto anche Abu Dhabi a cambiare la sua posizione iniziale in base alla regola ‘il nemico del mio nemico è mio amico‘.

Molti degli ostacoli all’inclusione della Siria sono caduti. Non c’è un chiaro veto da parte dell’Arabia Saudita, la cui posizione rappresentava una criticità sia in riferimento all’area del Golfo sia per ciò che concerne i paesi arabi. Sebbene la posizione degli Stati Uniti sia ancora poco chiara, non c’è nemmeno in questo caso un veto dichiarato; inoltre, con la presenza delle sanzioni previste nel Caesar Syria Civilian Protection Act, la riconciliazione politica è comunque difficile. L’assenza di una chiara iniziativa degli Stati Uniti nei confronti della Siria incoraggerà i paesi a iniziare a prendere provvedimenti, e alcuni potrebbero anche avanzare nei loro proponimenti. Potrebbe farsi anche strada l’idea che gli Stati Uniti siano obbligati ad accettare questi passi, vista la sostanziale immobilità.

In tutto ciò, valutando la posizione della Siria, un ritorno alla Lega Araba potrebbe non rappresentare alcun valore aggiunto, dato che ormai ne sono fuori da oltre un decennio. Tuttavia, tatticamente, è un passo importante per iniziare ad abbattere il tabù di trattare con il governo e riaprire la Siria alla comunità internazionale.

I siriani sanno anche che l’escalation della situazione in Libano e la prevista escalation in Iraq creeranno le condizioni per la comunità internazionale di porre fine alla crisi. Intanto, la presenza iraniana e il suo contenimento è una questione strategica che i siriani sanno affrontare. A questi elementi si aggiunge la presenza russa; infatti, i siriani potrebbero creare spazio per una manovra politica con la Russia in vista di un accordo regionale e c’è la possibilità di riprendere l’iniziativa di pace a lungo bloccata con Israele, verosimilmente con la mediazione russa.

È evidente, d’altronde, che la mancanza di un piano internazionale per affrontare la questione siriana incoraggerà i diversi paesi a colmare il vuoto e a cercare una soluzione alla crisi concentrandosi maggiormente sulle opportunità economiche e strategiche. Se gli sforzi all’interno della Lega Araba riusciranno a reintegrare la Siria, soprattutto perché l’Algeria ospita il prossimo vertice ed è uno dei più forti attori a favore di questo progetto, la prossima fase sarà un aumento degli sforzi a livello internazionale per normalizzare le relazioni con la Siria.

In questa fase tutti stanno facendo un passo avanti, con un occhio alla reazione degli Stati Uniti, quindi alla fine sarà Washington a decidere se la luce arancione diventerà rossa o verde.

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