Julius Jones è arrivato a un passo dalla iniezione letale, ma è stato graziato dal governatore repubblicano Kevin Sitt, che ha mutato la pena in ergastolo. Jones, 41 anni, era stato condannato a morte nel 1999 dalla corte dello stato dell’Oklahoma per l’omicidio di un assicuratore, Paul Howell, quando un suo conoscente, Christopher Jordan, lo aveva accusato dopo aver confessato la co-partecipazione al delitto, ottenendo uno sconto di pena. Jones però si è sempre dichiarato innocente, e un forte appoggio a questa sua dichiarazione è arrivato nel 2018, quando la Abc ha deciso di girare un documentario in tre puntate sulla sua storia, The last Defence. La miniserie, prodotta dall’attrice Viola Davis -famosa per la serie Netflix Le regole del delitto perfetto e per i film The Help e Il dubbio– aveva portato in scena alcune delle tesi della difesa di Jones, mobilitando diverse personalità della black community tra cui Kim Kardashian e vari giocatori della Nba come Stephen Curry, Russell Westbrook, Blake Griffin e Trae Young.

La condanna si era basata soprattutto sulla dichiarazione di Jordan e della sorella di Paul Howell, Megan Tobey, testimone oculare dell’uccisione di suo fratello. La donna aveva testimoniato in tribunale che l’uomo armato indossava un berretto che scendeva “sopra le orecchie, con i capelli che spuntavano da entrambi i lati”. Proprio su questa descrizione, però, gli avvocati di Jones hanno sempre ribadito la sua innocenza, dato che nelle foto in possesso della giuria – scattate una settimana prima dell’omicidio- Jones aveva i capelli corti, a differenza di Chris Jordan, che portava delle treccine.

L’uomo, in carcere da 20 anni, ha ricevuto la grazia poco dopo l’esecuzione della prima condanna a morte dopo sei anni in Oklahoma, che aveva suscitato polemiche nello stato. Il 29 ottobre 2021 l’afroamericano John Grant, di 60 anni, è morto tra il vomito e gli spasmi dopo venti minuti dall’iniezione letale. Invece, anche grazie al documentario e alla campagna sui social, Jones aveva dalla sua più di sei milioni di persone nel mondo che hanno firmato una petizione per lui, come anche l’ambasciatore dell’Unione europea, il greco Stavros Lambrinidis che è anche vicepresidente della commissione per le libertà civili del Parlamento europeo, che ha scritto una lettera al governatore Stitt.

La via per la grazia non è stata semplice. Gli avvocati di Jones hanno presentato una richiesta dell’ultimo minuto giovedì 19 novembre, mentre aspettavano notizie dal governatore, già pressato da decine di manifestazioni studentesche nelle università dello stato e dalle parole di diversi deputati repubblicani. Anche l’Oklahomàs Pardon and Parole Board, l’organo statale che decide sulle grazie e le sentenze, aveva votato 3 a 1 per raccomandare al governatore che la condanna a morte di Jones fosse commutata in ergastolo con la possibilità di libertà vigilata, ogni volta citando dubbi sulle prove del caso. Solo allora Stitt ha nominato due dei tre membri che votarono per raccomandare la grazia: Adam Luck e Kelly Doyle. Il terzo membro, Larry Morris, è stato nominato dalla Corte d’Appello Penale, e ha dichiarato: “Personalmente, credo che nei casi di pena di morte non ci dovrebbero essere dubbi. E in poche parole, ho dubbi su questo caso“. La giuria dell’udienza per la grazia non ha votato anche per la libertà vigilata, quindi Jones rimarrà in carcere.

Il governatore Stitt pubblicamente ha detto poco sulla sua decisione, l’unica dichiarazione riportata dalle agenzie statunitensi ripete burocraticamente quello che già si conosce dalla sentenza: “Dopo la riflessione orante e la revisione di materiali presentati da tutti i lati di questo caso, ho deciso di commutare la pena di Julius Jones all’ergastolo senza la possibilità di libertà vigilata“.

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