FQChart è la media aritmetica settimanale dei sondaggi sulle intenzioni di voto degli italiani in esclusiva per Il Fatto Quotidiano. Concorrono alla media tutti i sondaggi pubblicati dai maggiori istituti demoscopici nella settimana appena conclusa.

Settimana dall’ 8/11 al 14/11/2021

Il Partito Democratico balza al primo posto della chart settimanale guadagnando uno 0,7% e portandosi al 20,5 medio. Non accadeva dal 2017. Pochi mesi più tardi, alle elezioni politiche del 2018, avrebbe raggiunto il risultato più basso della sua storia. Al momento i Dem raccolgono i frutti della vittoria alle elezioni amministrative di fine settembre, della posizione tenuta sul ddl Zan e in generale dell’atteggiamento costruttivo assunto dal segretario Enrico Letta e dall’intero partito rispetto al governo Draghi.

È una doppia soddisfazione, considerando che il Pd è, da anni, il partito attaccato da tutti gli altri attori sulla scena politica. Attori che sembrano vivere un momento di empasse: Fratelli d’Italia cala di uno 0,4% fino al 19,3, la Lega si mantiene quasi stabile al 18,5%. Per i due partiti del centrodestra, rivali e alleati, urge trovare qualche elemento nuovo da inserire nella propria agenda (e narrazione), magari provando a intestarsi qualche provvedimento nella imminente manovra di bilancio.

Le cose non sembrano andare benissimo neppure ad altri due partiti che da tempo provano aggressivamente a sottrarre consenso al Pd: Azione (3,8%), che continua i suoi alti e bassi senza dar vita a grandi exploit dopo quello romano della Lista Calenda, e ItaliaViva (2,5%), nell’occhio del ciclone per le rivelazioni pubblicate in questi giorni relativamente all’inchiesta Open.

Il consenso futuro al Pd dipenderà molto dalle alleanze che il partito sceglierà o sarà costretto a stringere in vista delle elezioni politiche, un tema a cui l’elettorato democratico sembra essere molto sensibile (al momento prevale il no verso ItaliaViva e piccoli partiti affini).

E a proposito di future alleanze e vecchie rivalità, guadagna mezzo punto questa settimana il M5s, in risalita al 16,3%. Un partito che analogamente al Pd non gode dei favori della stampa e il cui leader attuale, Giuseppe Conte, è sottoposto a critiche pretestuose nell’ambito di una character assassination – definizione tornata in voga in questi ultimi giorni – che dura da molto tempo. Diciamolo chiaramente: sperare che la popolarità di Conte si tramuti in un boom di consensi per il M5s è da inesperti, sperare che un partito col 16% dei consensi sia fuori dai giochi è un wishful thinking per dilettanti.

(Istituti considerati: Swg, Tecnè, Emg, Index Research, Demos, Ixè)

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