Non reputo importante, per il mio lavoro, guardare la televisione italiana perché, occupandomi di ambiente e crisi climatica, non trovo praticamente mai nulla che riguardi questi temi negli innumerevoli talk show che ogni giorno passano tra servizio pubblico e altri canali. Proprio sulla mancanza di puntate che riguardino questo tema ho scritto varie volte, ma quasi sempre invano, visto che nonostante l’aggravarsi di catastrofi climatiche più o meno grandi si continua sempre con gli stessi argomenti e soprattutto gli stessi ospiti.na negazione costante e pervicace degli eventi.

Tuttavia, peggio dell’indifferenza c’è solo il dare spazio al negazionismo climatico, come ha fatto il programma #cartabianca condotto da Bianca Berlinguer, del 26 ottobre scorso. Guardando la puntata sono rimasta letteralmente senza parole di fronte a una trasmissione del servizio pubblico che di fatto non solo ha messo sullo stesso piano la tesi per cui il cambiamento climatico è causato dall’uomo e sta provocando sofferenze e conseguenze inaudite e quella per cui non c’è alcuna emergenza e il clima cambia per cause naturali; ma anzi direi che ha addirittura ecceduto nel celebrare questa seconda posizione, ospitando il “professore” Franco Battaglia, noto negazionista climatico e sponsorizzando il suo ultimo libro, messo in gigantografia sullo sfondo, dal titolo There is no climate emergency.

La Berlinguer ha creduto di fare opera di pluralismo affiancando al “prof” Battaglia il fisico Valerio Rossi Albertini. Il quale ha pure detto cose giuste ma in un contesto assolutamente delegittimante e assurdo. Come se un virologo stesse discutendo con uno che nega il Covid: chi si metterebbe in questa posizione senza temere di essere screditato? E proprio il paragone con il Covid è particolarmente calzante. Sul servizio pubblico non dovrebbe, e di fatto non è, essere ospitata alcuna posizione che dica che il Covid è un’influenza. Perché dunque si ospita chi sostiene che non esista alcuna crisi climatica? E non c’entra che ci sia una persona che pensa l’opposto, perché certo nessuno farebbe un dibattito tra un oncologo di fama e uno che crede che il cancro si curi con le piante.

Con il cambiamento climatico, invece, tutto questo non avviene perché ancora – a mio avviso – c’è un’ignoranza estrema tra i giornalisti. Così, la crisi climatica viene trattata alla stregua di un’opinione, non di un fatto quale è (come già scrissi qui). E perché è un fatto, mi ha chiesto qualcuno? Proprio come per il covid, perché lo dice la scienza, e non è un caso che il 99,99 per cento degli scienziati convenga sull’origine umana del riscaldamento globale, una convergenza persino maggiore di quanto non si registri su virus e vaccini. Ma niente. Questo non impedisce che sul servizio pubblico, pagato da tutti gli italiani, si possa dare voce a qualcuno che che, ad esempio, dice che i fatti tragici di Catania non c’entrano nulla con le nostre azioni.

Perché nessuno interviene? Perché i vertici Rai permettono questo? Sull’Ordine dei giornalisti ormai non mi pronuncio, già da tempo ho scritto e detto che non possono esistere giornalisti negazionisti climatici e che andrebbero semplicemente espulsi. Ma ovviamente questo non accade, mentre si prenderebbero provvedimenti per talk show dove si ospitasse un no vax o un santone che discetta di terapie alternative per il cancro.

A mio avviso, la puntata è stata davvero agghiacciante, e totalmente confusiva verso il pubblico, perché oltre al negazionista Battaglia si è pensato bene di fare un servizio su quanto sia impossibile usare l’auto elettrica a Roma. Ne è seguito un siparietto tra Battaglia, l’altro esperto insieme a Dario Vergassola, la cui ironia in questo caso, spiace dirlo, ha reso tutto davvero più grave e surreale. Come non è servito l’intervento di Paola Maugeri, pure ambientalista, che ha detto che ciò che conta è un cambiamento dei nostri cuori e delle nostre abitudini. Cosa pure vera, per carità, ma che nulla c’entrava col tema della puntata, ovvero tentare almeno in tutti i modi di contestare chi stava negando l’evidenza, arginare il negazionista ospitato alla stregua degli altri.

Ora, non solo la Rai non dovrebbe mai invitare un negazionista, perché non esiste alcun 50% di verità sul tema climatico né la crisi climatica è in alcun modo un’opinione, ma nessun esperto dovrebbe mai sedersi al tavolo con uno che dice il falso sulla crisi climatica, perché sarebbe appunto screditato, mentre al tempo stesso finisce per legittimare chi nega ciò che sta accadendo. E onestamente, vista la gravità dei fatti, vista l’emergenza totale che stiamo vivendo e che sempre più vivremo, questa è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno. Eppure nessuno se ne accorge. Eppure la Rai non dice nulla. Eppure l’Ordine lo trova normale. Voi dite che i nostri politici fanno schifo. Ma il nostro giornalismo è l’altra faccia della stessa medaglia, e poco importa che abbia il volto rassicurante e di “sinistra” di Bianca Berlinguer. La disinformazione passa anche dai salotti buoni, ed è anche peggio perché è più difficilmente riconoscibile.

Altrove, come ad esempio, al The Guardian, noto quotidiano inglese, hanno deciso che la definizione di “giornalista climatico” riguarderà non solo i giornalisti che scrivono di ambiente e clima, ma tutti. “Siamo tutti giornalisti climatici”, hanno scritto in una paginata l’altro giorno: anche chi si occupa di economia, politica, sanità. Un altro mondo, appunto. Noi invece siamo ancora qui a discutere con gente che altrove sarebbe ridicolizzata e giustamente emarginata. E mai avrebbe un posto in tv, con tanto di libro sul fatto che non esista emergenza climatica messo in bella evidenza.

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