La Commissione europea comincia oggi il lungo viaggio che potrebbe portare a ritoccare le regole del Patto si stabilità. Si tratta dei vincoli di finanza pubblica a cui sono sottoposti i paesi aderenti all’euro. I due tratti essenziali sono il contenimento del deficit al di sotto del 3% del Prodotto interno lordo e del debito (la somma dei deficit accumulati anno dopo anno) entro il 60% del Pil. Chi è oltre questa soglia, e l’Italia lo è sin dal suo ingresso nell’euro, deve impegnarsi in un percorso di progressiva riduzione. La crisi finanziaria del 2008, la conseguente crisi dei debiti sovrani e la pandemia poi hanno però fatto saltare tutti gli schemi. Oggi praticamente nessun paese rispetta questi criteri e la media del debito dei Paesi dell’eurozona si colloca attorno al 100% del Pil, con l’Italia che si distingue con il suo 154%.

Parlando delle risorse da stanziare per la transizione verde il commissario all’Economia Paolo Gentiloni ha detto oggi che “Una parte minoritaria dovrà essere pubblica e non dobbiamo ripetere l’’errore fatto nella precedente crisi finanziaria, quando gli investimenti pubblici si sono avviati verso lo zero. Noi avremo buon livello di investimenti pubblici in 2021 e 2022 dobbiamo cercare di mantenerli” e questo elemento “sarà parte della discussione che apriamo oggi sul Patto di stabilità”.

Il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis ha prospettato la possibilità di introdurre una ‘golden rule’ per gli investimenti verdi che quindi non verebbero conteggiati, o lo verrebbero in maniera ridotta, nell’ammontare di spesa e debito. “E’ uno dei temi della discussione per trovare le soluzioni per ridurre il debito elevato e nello stesso tempo promuovere gli investimenti: a questo stadio non avanziamo proposte concrete, ma chiaramente la ‘golden rule’ e’ una delle opzioni, lo stesso European Fiscal Board ne ha proposto una versione limitata, cosi’ come si discute di una ‘green golden rule” ha affermato Dombrovskis

La consultazione avviata dalla Commissione parte da un documento di 14 pagine che analizza l‘impatto della crisi Covid sulle economie europee. Su questa base si discuterà di una migliore applicazione delle regole fiscali. È previsto che il dibattito si sviluppi in diversi tipi di forum, più un sondaggio online che sarà chiuso il 31 dicembre. Entro il primo quadrimestre del 2022 la commissione fornirà quindi un’indicazione tenendo conto della situazione economica globale, della specificazione situazione di ciascun Stato membro e di quanto emerso nel dibattito pubblico. Quindi l’esecutivo Ue fornirà un suo orientamento sulle modifiche al Patto di Stabilità, con l’obiettivo di ottenere un largo consenso entro il 2023. Il Patto è al momento sospeso, dovrebbe tornare pienamente in vigore dal 2023. Una riduzione graduale, sostenibile e che non ostacoli la crescita del debito pubblico, la necessità di un forte sostegno agli investimenti pubblici per assicurare una crescita sostenibile e inclusiva e l’importanza di un forte coordinamento politico, anche tra Ue e Paesi membri sono tra le sfide che la commissione Ue – nelle sue comunicazioni sul dibattito per la revisione del Patto di Stabilità – ha sottolineato alla luce dell’impatto della crisi pandemica. Crisi che – si legge nel documento – “ha interrotto le procedure di correzione degli squilibri macroeconomici” facendo emergere “nuove vulnerabilità”.

Le consultazioni hanno però un valore relativo. Decisioni di questa portata avvengono sempre e solo nell’ambito del Consiglio europeo dove si confrontano direttamente i governi dei vari paesi. La tabella di marcia sarà delineata dalla Commissione ma la decisione finale spetterà alle cancellerie. La ricognizione avviata oggi avrà comunque il merito di raccogliere gli umori prevalenti anche nella comunità economica che, verosimilmente, hanno a loro volta risentito della pandemia. Basti ricordare, tra i tanti, l’intervento di Mario Draghi sul Financial Times del marzo 2020 in cui l’attuale presidente del Consiglio tracciava una chiara distinzione tra debiti buoni (come quelli fatti per preservare gli apparati produttivi e i redditi nell’emergenza sanitari) e debiti cattivi, riconducibili ad una spesa pubblica improduttiva. In sostanza Draghi dice più attenzione alla qualità che alla quantità, senza dimenticare che l’attuale, bassissimo, livello dei tassi interessi rendono il peso del debito più sostenibile. La spesa per interessi che paga oggi l’Italia sul suo debito è ad esempio oggi di circa 50 miliardi di euro l’anno, fino a pochi anni fa toccava gli 80 miliardi.

Più di recente Draghi ha ricordato come dalla si esca principalmente crescendo piuttosto che con il taglio di spesa e investimenti pubblici. A volte si dimentica infatti come l’ammontare del debito in valore assoluto significhi poco o nulla. È piuttosto intuitivo che se ho un debito di 100mila euro e guadagno 500mila euro all’anno è un conto. Se con lo stesso debito ne guadagno 30mila è un altro. Motivo per cui si guarda al debito (o al deficit) in rapporto al Pil, ossia alle dimensioni di un’economia. La crescita dell’ultimo anno è stata dovuta tanto alla contrazione delle economie quanto all’aumento delle spese per fronteggiare la pandemia

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Ma a fare il bello e il cattivo tempo sarà, some al solito, Berlino. In quest’ottica la fine dell’era Merkel sembra aprire qualche spiraglio per un approccio più morbido dei tedeschi nel controllo delle finanze pubbliche degli altri paesi membri. Nella coalizione di governo “siamo d’accordo” che dopo la crisi del coronavirus “non è il momento di grandi programmi di austerità negli Stati membri” e l’obiettivo resta quello di “assicurare la crescita”, ha detto ieri il candidato della Spd alla cancelleria, Olaf Scholz, precisando tuttavia che il Patto di Stabilità è “un buon insieme di regole” che ha “dimostrato la sua flessibilità, che si mostrerà anche nel futuro”. La cancelliera uscente Angela Merkel ieri ha precisato che “Il patto di stabilità così com’è prevede una molteplicità di possibilità. Io non guardo con grande entusiasmo all’idea di un cambiamento del patto. Ma questa sarà una decisione con cui dovrà confrontarsi il prossimo governo tedesco”. È vero che il patto di stabilità contempla alcuni margini di aggiustamento e flessibilità ma, nel complesso, sposa una visione .

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