Disse che quei soldi erano “i risparmi di una vita”, da “destinare ai figli” e che “aveva deciso di non custodire presso la sua abitazione nel timore dei tanti furti in appartamento verificatisi nel quartiere dove dimora”. Ma né la procura né il giudice per le indagini preliminari gli hanno creduto, ponendo un nuovo vincolo su circa 1,1 milioni di euro che vennero trovati in casa del figlio quando il 24 aprile lui, l’avvocato penalista Giancarlo Chiariello, venne arrestato (oggi è ai domiciliari) nell’ambito dell’inchiesta per corruzione in atti giudiziari dell’ex gip di Bari Giuseppe De Benedictis. Secondo l’inchiesta della Dda di Lecce l’ex giudice intascava mazzette in cambio di scarcerazioni di pregiudicati difesi da Chiariello.

La giustificazione del legale non è stata ritenuta credibile e così è stato disposto un ulteriore vincolo a quella “spropositata e ingiustificata somma di denaro contante”. Gli accertamenti patrimoniali hanno documentato “un’enorme sproporzione tra i redditi dichiarati negli ultimi dieci anni dell’intero nucleo familiare” del noto avvocato barese e “le evidenze patrimoniali, quantificata in oltre 950mila euro”. Il gip, condividendo la tesi dei magistrati inquirenti di Lecce e l’esito delle indagini dei carabinieri di Bari, ha ritenuto che “tale sproporzione, priva di giustificazioni, sia attribuibile ai gravissimi reati contestati al Chiariello ai danni dell’amministrazione della giustizia”. Il denaro – in mazzette di svariato taglio custodite in tre zaini – venne ritrovato nella casa di suo figlio Alberto, anche lui indagato per concorso in corruzione.

L’ex gip De Benedictis è tuttora agli arresti in carcere e comparirà davanti al giudice per l’udienza preliminare, come anche Chiariello, il prossimo 26 novembre per quattro episodi di corruzione dei quali sono accusati, per aver scarcerato – stando alla tesi dell’accusa – tre pregiudicati e un avvocato foggiano. De Benedictis ha ottenuto i domiciliari per gli episodi di corruzione, ma resta detenuto in carcere perché nelle settimane successive gli fu notificata una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere dopo il rinvenimento di un arsenale da guerra occultato in una villetta nel Barese che – secondo la procura di Lecce guidata da Leonardo Leone De Castris – è di sua proprietà. La gip Giulia Proto definì l’armamentario come una “montagna” di armi simile “all’arsenale di una cosca di mafia di altissimo livello” e l’ex giudice – e un suo presunto complice – come “autentici trafficanti”.

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