I torinesi che sono rientrati dalle vacanze estive hanno trovato la loro città tappezzata di manifesti e faccioni elettorali. Prima in pochi si erano accorti che stavano incombendo le elezioni per il sindaco di Torino. Forse neanche i candidati.

E’ stata una corsa elettorale in cui la pandemia da Covid ha cambiato tempistiche e metodologie e messo in definitiva crisi la vecchia e vecchissima politica che però ora tenta colpi di coda.

La crisi sanitaria ha reso necessario un approccio digitale alla comunicazione da parte dei potenziali candidati per mantenere un dialogo con i cittadini. Moltissimi si sono trovati impreparati e hanno dovuto improvvisare approcci che spesso si sono rivelati fantozziani. Molti di loro erano terrorizzati dall’ipotesi che si votasse senza una campagna elettorale in presenza ma solo online. Per questo hanno cercato di giocarsi tutte le carte nei circa 40 giorni, da fine agosto al 3-4 ottobre, data del primo turno elettorale. Gli incerti fra i torinesi sono tantissimi e molti se ne staranno a casa dal voto.

Ma vediamo la situazione, i candidati e gli schieramenti.

Il favorito per il successo parziale al primo turno è il candidato del centrodestra Paolo Damilano. La strategia di Damilano è stata in parte simile a quella che ha portato la sindaca Chiara Appendino al successo cinque anni fa: una volatona lunghissima, una campagna elettorale iniziata da lungo tempo che gli ha permesso di farsi conoscere con affissioni, social e tante suole consumate in giro.

Nel frattempo la sua candidatura è riuscita a portarsi dietro tutto il centrodestra e addirittura parti del centrosinistra: è nata infatti una lista chiamata Progresso Torino con dentro i leader locali di Italia Viva, Azione e Giovanna Giordano, leader delle madamin SiTav, che alle ultime Regionali si era presentata nel centrosinistra pro Chiamparino. La sinistra del centrodestra, una cosa per lo meno originale. Insieme alla lista Torino Bellissima di Damilano lo supportano Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega insieme ai Sitav di Giachino e al Popolo della Famiglia.

Damilano è dato in fuga, in testa a tutti i sondaggi probabili e improbabili che sono stati messi a disposizione dei media. Qualcuno ipotizzava addirittura una sua vittoria al primo turno che ora pare improbabile nonostante si percepisca – anche a Torino – un’onda in crescita verso destra.

Il fronte del centrosinistra richiede una serie di analisi. Il gotha del Pd locale, dopo aver cercato senza grossi risultati di smaltire la rabbia per la clamorosa sconfitta di Fassino, non ha tentato di capire gli errori fatti e porre rimedio. I dem hanno trasformato la sconfitta in astio a prescindere per la nuova sindaca Chiara Appendino, sparandole contro campagne mediatiche e addossandole colpe per scelte che in effetti avevano fatto loro. La sindaca ha anche rischiato il tracollo per il pasticcio finito in tragedia di Piazza San Carlo. Poi improvvisamente con il secondo governo Conte e con l’accordo di governo nazionale fra Pd e M5S, dalle parti del centrosinistra sotto la Mole hanno dovuto improvvisare un buon viso a cattivo gioco abbassando la guardia per non creare problemi local-nazionali.

Nel frattempo occorreva delineare un potenziale candidato. I padroni del vapore del partito a Torino avevano deciso da tempo che il candidato che andava loro a genio era Stefano Lo Russo, capogruppo in Sala Rossa. Ma il parto è stato lungo e non facile. Da un lato, grosse parti della società civile e del partito avevano supportato due candidature forti e a largo raggio come quelle del rettore del Politecnico, Guido Saracco, e del luminare della chirurgia, Mauro Salizzoni, momentaneamente prestati alla politica. Le loro candidature per quanto credibili e significative sono state alla fine state bombardate dal fuoco amico.

Si è così arrivati alle primarie di metà giugno con le quali Stefano Lo Russo ha ottenuto 4.229 voti pari al 37% del totale. Al secondo posto si è piazzato l’outsider Francesco Tresso, candidato civico, che con 3.932 voti ha raggiunto il 35% delle preferenze. Tresso ha rischiato di fare il colpaccio per pochi voti dimostrando che, se avesse avuto più tempo e risorse, avrebbe potuto superare il candidato dei leader del partito locale.

Insieme al Pd sostengono Lo Russo una lista civica, i Moderati di Portas, Articolo Uno, la lista Sinistra Ecologista e Torino Domani, lista civica messa a regime da Tresso con alcuni personaggi noti della società civile torinese.

Il Movimento 5Stelle ha scelto di candidare Valentina Sganga: trentacinque anni, capogruppo in comune del Movimento. Da tempo la sindaca uscente aveva comunicato di non volersi ricandidare sostanzialmente per i fatti di piazza San Carlo e la relativa sentenza.

Il percorso dei cinque anni della sindaca 5stelle ha avuto una prima fase di apprendistato, quando – dopo la vittoria a sorpresa insieme a assessori a consiglieri – ha dovuto imparare il mestiere di amministratore pubblico, fino ai fatti di Piazza San Carlo il momento peggiore del suo mandato. Poi piano ha iniziato a lavorare per realizzare il suo programma riducendo anche il pesante disavanzo pubblico. In fondo il suo progetto non è molto diverso da quello di un sindaco di una città europea contemporanea. Poi è arrivata la pandemia che ha reso tutto più difficile soprattutto nel campo economico.

Chiara Appendino ha voluto supportare fortemente nella fine del suo mandato la Sganga ma non sembra che Valentina possa riuscire a arrivare al ballottaggio.

Angelo D’Orsi guida la coalizione di sinistra a partire dalla sua esperienza di storico e docente, intellettuale con Potere al Popolo, Partito Comunista Italiano, Sinistra in Comune, Rifondazione Comunista. Sempre dalla sinistra arriva Greta Giusy Di Cristina che unisce Partito Comunista, Torino Città Futura. Davide Betti Balducci guida la lista del Partito Gay e Partito Animalista Italiano, Ugo Mattei professore universitario ha capitanato la lista civica Futura Torino. Chiudono le candidature di Roberto Salerno, Ivano Verra, Paolo Alonge, Lorenzo Varaldo, Emilio e Massimo Chiesi.

Secondo tutti i sondaggi si andrà al ballottaggio fra Paolo Damilano e Stefano Lo Russo. Per prevedere il risultato finale occorre capire con quale differenza percentuale si chiuderà il primo turno. Molto incerta è anche la battaglia per la prevalenza nelle diverse circoscrizioni in cui la destra potrebbe prevalere in territori chiave sulla sinistra.

A decidere la sfida, potrebbero essere i voti in libera uscita del Movimento 5 Stelle. Le speranze che si trasferiscano verso il centrosinistra sono probabilmente illusioni. Sono anni che le due fazioni si guardano in cagnesco nella migliore delle ipotesi e si insultano nella peggiore per cui sembra improbabile un accordo formale, se si considera anche il patto stretto con i Moderati per cui Lo Russo non dovrà mai e poi mai accordarsi con i votanti Sganga e Appendino. I due contendenti dovranno cercare voti ovunque per diventare sindaci: Damilano parte favorito, ma dovrà vendere cara la pelle.

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