Da ormai quasi quattro anni nella provincia di Brescia si sta discutendo della collocazione del sistema di depurazione fognaria per i comuni del lago di Garda. Il progetto, che costa 230 milioni di euro di cui 100 stanziati dal governo, consiste nella costruzione di due nuovi depuratori in altrettanti paesi – Gavardo e Montichiari – e lo scarico delle acque depurate nel fiume Chiese, un corso d’acqua dal bacino molto fragile ma anche uno dei più importanti della provincia e che bagna 31 comuni. Ma Gavardo, Montichiari e il fiume Chiese appartengono a un bacino idrografico diverso da quello del Garda, ed è proprio questa la causa di tutte le polemiche e gli scontri che si sono scatenati tra i territori bresciani dal 2018: se i sindaci del bacino del Chiese, infatti, si sono da subito scagliati con un progetto che a loro avviso si rivelerebbe fatale per la salubrità del fiume e della zona interessata dalla depurazione, il primo cittadino di Salò Giampiero Cipani ha dichiarato a ilfattoquotidiano.it che l’opera è stata pensata “sotto il profilo ambientale migliore” e si tratta di una scelta “che non poteva essere non presa”, in quanto frutto di anni di studi e valutazioni da parte dei ministeri pertinenti con gli enti provinciali.

Anche Enrico Volpi, vertice dell’amministrazione di Castiglione delle Stiviere – in provincia di Mantova, ma interessato alla discussione – sostiene con il Fatto.it che il progetto selezionato è quello “meno gravoso e impattante verso le comunità coinvolte”. Altri sindaci gardesani, come Roberto Tardani di Lonato del Garda, preferiscono invece trincerarsi dietro il silenzio, in attesa che la costruzione inizi veramente. Ma con il tempo la frattura tra chi è a favore e chi è contro il nuovo depuratore si è allargata sempre di più, sfociando nel presidio fatto di cittadini e comitati ambientalisti che dal 9 agosto rimane sotto palazzo Broletto della prefettura di Brescia. La mobilitazione Salviamo il fiume Chiese va avanti giorno e notte – in modo pacifico con striscioni, sedie, incontri pubblici e un po’ di musica – ed esprime il dissenso verso un’opera ritenuta dannosa. Sentiti da ilfattoquotidiano.it, gli attivisti Gianluca Bordiga e Marco Apostoli hanno voluto raccontare le motivazioni della protesta e tutta la vicenda intorno alla questione del depuratore del Garda.

L’attuale depuratore – Il presidio, spiegano, è il risultato di un movimento che negli anni ha coinvolto tante associazioni e comitati. Bordiga e Apostoli esprimono la voce rispettivamente della “Federazione del Tavolo delle Associazioni che amano il Fiume Chiese e il suo Lago d’Idro” e del “Tavolo provinciale Basta Veleni”. Il progetto a cui si oppongono è quello del 2018, sviluppato dall’Ambito territoriale bresciano (Ato) con il principale gestore idrico della provincia Acque Bresciane e il parere dell’Università di Brescia. Il rinnovamento del sistema di collettamento e depurazione è diviso tra Brescia e Verona, ognuna con il suo piano. Quello bresciano consiste nella dismissione delle attuali condotte sublacuali costruite tra il 1984 e il 1985: queste incanalano i reflui dalla sponda occidentale – località di Toscolano Maderno – a Torri del Benaco, in provincia di Verona, destinandoli al depuratore di Peschiera del Garda, con scarico nel fiume Mincio. Oggi, il sistema è sottodimensionato e non risolve il problema della separazione tra le acque bianche da quelle nere, causando disagi nella raccolta e nello smaltimento dei reflui. Con la nuova opera questo problema non solo non verrà risolto, sostiene chi avversa il progetto, ma le nuove tubature arriveranno fino a Gavardo e Montichiari, che distano rispettivamente 32 e 26 chilometri da Peschiera, e non sono in alcun modo collegati al sistema fognario del Garda. La decisione si basa sul fatto che le condotte, secondo gli enti coinvolti, si trovino “a fine vita”. “Il rischio di rottura delle tubature è alto – ribadisce anche il sindaco di Castiglione delle Stiviere – e può avvenire anche in seguito agli incidenti navali nel lago”. Ma che le tubature siano una “bomba ecologica a orologeria”, rispondono gli attivisti, è “un presupposto falso” perché “anche nella ultima relazione tecnica è specificato che possono durare fino al 2035. E non hanno mai causato una perdita”.

Lontano dal turismo – Dietro la decisione ecologica di costruire un nuovo sistema di depurazione ci sono “molte ragioni economiche”, aggiunge un altro presidiante bresciano, Marino Ruzzenenti: il piano è collocare il nuovo depuratore “il più lontano possibile dal Garda” e dal “turismo redditizio” che ogni anno conta 25 milioni di visitatori nelle località del lago. “Quello della depurazione – continua Ruzzenenti – è un problema che i Comuni del Garda si sono creati da soli con decenni di urbanizzazione smisurata per favorire l’industria turistica”. Portando alla creazione, tra le altre cose, di decine di scarichi abusivi che vanno direttamente a lago. Ma da Salò ribattono che queste sono “accuse infondate”.

L’impatto sul paesaggio – “È chiaro che le comunità avrebbero preferito andare a scaricare altrove – commenta Volpi dal Mantovano – ma questa soluzione è l’unica che garantisce la qualità dell’acqua in uscita”. Così, per realizzare il progetto Gavardo-Montichiari si scaveranno chilometri di campagne, pompando i reflui solidi in salita per superare le colline. E si passerà anche dai campi intorno a Gavardo che le autorità provinciali per la salvaguardia dell’ambiente hanno dichiarato “aree agricole di pregio”. I sei anni di lavori avranno anche un impatto sul traffico sulla Gardesana Occidentale, che già normalmente può rimanere bloccata da chilometri di code, soprattutto in estate. E quando l’acqua depurata finirà poi nel Chiese, questo fiume “andrà incontro a morte biologica”, attacca Bordiga, perché il Chiese è un fiume torrentizio e il suo corso irregolare non è in grado di smaltire i reflui. Ma “lo scarico nel Chiese interessa molto alle lobby agricole bresciane”, aggiunge Apostoli, ricordando che nel 2019 il presidente di Coldiretti Ettore Prandini aveva accolto con plauso l’idea Gavardo-Montichiari. “Così l’acqua del Chiese sarebbe più fertilizzata – continua Bordiga – Pronta per essere utilizzata nelle agricolture intensive di mais da trinciato”, fondamentale per il settore dell’allevamento di bovini e delle biomasse.

La politica dietro il progetto – Ma ad avviso degli attivisti oltre agli interessi economici ci sono anche i risvolti politici. Gavardo e Montichiari potevano evitare che la nuova opera finisse a loro carico grazie alla “Mozione Sarnico”, approvata dal consiglio provinciale il 30 novembre 2020 “dopo anni di confronto”, dice Apostoli. La mozione chiedeva che tutti i depuratori consortili della provincia di Brescia venissero costruiti nei comuni che usufruivano direttamente del servizio, quello del Garda compreso. La mozione – che è respinta da solo tre consiglieri su 17, di cui uno di Forza Italia – porta Ato e Acque Bresciane a presentare, nell’aprile 2021, la nuova idea del depuratore a Lonato del Garda in funzione con l’attuale di Peschiera. Il fiume di scarico, però, non viene specificato, e i comitati temono si tratti ancora del Chiese. Ma nel maggio 2021 la ministra Mariastella Gelmini – che è anche presidente della Comunità del Garda – interviene chiedendo al ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani di nominare un commissario ad acta per “liberare” la vicenda “da ogni logica fuorviante”. Per Bordiga la richiesta della ministra scavalca la Mozione Sarnico e “va contro l’articolo 120 della Costituzione”, che prevede che il governo può sostituirsi agli enti locali solo in casi estremi o di pericolo per la sicurezza pubblica. “E non è questo il caso”, chiosa Bordiga.

Il commissariamento – Nel mentre, la sua associazione presenta quella che potrebbe essere un’alternativa: uno studio ingegneristico terzo, il Cappella di Gorizia, suggerisce che intervenendo sul depuratore già in uso di Peschiera – allargando le condotte attuali e costruendone una terza per le acque pluviali – l’opera costerebbe 70-90 milioni di euro in meno e sarebbe più sostenibile anche nei costi sociali e ambientali. Nonostante venga inviata due volte al ministro Cingolani, questa proposta viene ignorata. Si arriva così al 18 giugno scorso, quando la richiesta di Gelmini viene accolta dal Consiglio dei ministri e il già prefetto di Brescia Attilio Visconti è nominato commissario per la rapida attuazione del progetto. “Una nomina non rinviabile che mette fine a anni di discussioni”, dice soddisfatto Cipani. Ma per gli ambientalisti Visconti si pone come un “esecutore”: il 23 giugno incontra una delegazione dei circoli di Legambiente di Brescia e comunica loro di aver già scelto la soluzione Gavardo-Montichiari “perché è la più rapida e performante”. Un meeting svolto “in nome del decisionismo”, denuncia Legambiente in un comunicato, preludio all’annuncio ufficiale del 23 luglio, quando Visconti dichiara che i depuratori si faranno a Gavardo e Montichiari.

Il presidio non si ferma – Quella che per i sindaci favorevoli è l’unica “scelta tecnologicamente sensata”, per chi presidia palazzo Broletto è “un fatto antidemocratico gravissimo” contro l’identità e l’autonomia dei territori bresciani del Chiese, con il prefetto che “si è messo a fianco di un gruppo di cittadini per agire contro gli altri”. Dopo un mese di presidio, Visconti non ha ancora lasciato dichiarazioni né ai comitati né – interpellata la prefettura il 27 agosto – a ilfattoquotidiano.it. Ma gli ambientalisti non demordono: “Sarà il nostro Tav”, dichiarano da Basta Veleni, annunciando che la mobilitazione andrà avanti a oltranza. “Abbiamo inviato anche una lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – conclude Bordiga – Rimarremo finché non saremo ascoltati da lui”.

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