di Giovanni Casciaro

La caduta di Kabul, con la fuga degli Stati Uniti e dei loro alleati dall’Afghanistan, è un evento su cui riflettere. L’intervento bellico, “Operation Enduring Freedom”, durato 20 anni, ha provocato altissimi costi umani ed economici. Vi sono stati 241mila morti. La popolazione civile ha pagato il prezzo più alto con oltre 70mila morti; vittime anche fra gli operatori umanitari e i giornalisti; ingenti perdite fra i militari e i poliziotti afghani, i talebani e gli altri oppositori; perdite consistenti fra i militari e i contractor Usa, fra i militari alleati, anche italiani. Vi sono stati molti feriti e traumatizzati, milioni di profughi e sfollati. Un vero disastro umanitario!

Smisurati anche i costi economici. Gli Usa hanno speso oltre 2.300 miliardi di dollari; Italia, Gran Bretagna, Canada, Germania e Francia hanno contribuito con decine di miliardi. Molte di queste risorse sono state assorbite dall’apparato militare, una parte destinate a privilegi e corruzione, pochissime utilizzate per far fronte alla povertà diffusa e oppressiva. Costi elevatissimi per i contribuenti, ma lauti profitti per il settore bellico, vero vincitore di questa come di altre guerre.

È incredibile l’affermazione del presidente Usa Joe Biden: la guerra è stata fatta per “vendicare” l’abbattimento delle Torri gemelle, che fu opera di terroristi di Al Qaeda in massima parte sauditi. E il nome dell’operazione: “Libertà Duratura”? In Afghanistan vi è stata così una ulteriore conferma del fallimento della strategia delle guerre “umanitarie” per “esportare la democrazia”. Si è verificato quanto previsto da Gino Strada, che con Emergency ha dedicato la propria vita a offrire cure alle vittime della guerra. Non solo non è stata “esportata la democrazia”, ma vi è stato un attacco alla libertà d’informazione negli stessi paesi occidentali. Julian Assange, fondatore di Wikileaks, e Chelsea Manning, analista dell’intelligence Usa, sono vittime di una pesante persecuzione per aver osato svelare una verità occultata: quanto sono disumane le “guerre umanitarie”.

Mentre in Italia fu calpestata la democrazia sostanziale quando, malgrado le grandi manifestazioni e una volontà diffusa dei cittadini contro la guerra, il governo decise l’intervento militare. Purtroppo su quelle decisioni si verificò il sostegno di quasi tutti i partiti italiani, e oggi non vi è alcuna profonda riflessione critica su quelle scelte, tutte subalterne agli Stati Uniti. Ai politici occorrerebbe ricordare che se si vuole “diffondere la democrazia”, non si dovrebbero considerare “amici” i governanti autoritari, a volte sostenitori dei gruppi terroristici, solo per mero calcolo economico e geopolitico; non si dovrebbero armare e finanziare gruppi estremisti, come è successo in passato per i talebani da parte degli Usa. Basta con il “realismo” politico o, meglio, con il cinismo dagli evidenti esiti nefasti.

Inoltre, è noto che le popolazioni in povertà possono essere facile preda dell’estremismo politico, religioso e dei signori della droga, e sono in una condizione che ostacola l’esercizio dei diritti politici. Se si vuole affermare la Democrazia è necessario debellare la povertà. Le ingenti risorse impiegate nelle guerre si dovrebbero utilizzare per affermare il diritto al lavoro, all’educazione, alla salute e all’informazione libera. Come si dovrebbe realizzare una equa distribuzione delle risorse, invece dell’attuale ingiusta accumulazione da parte di ristrette minoranze, locali o straniere.

Infine, data l’evidente corresponsabilità e per senso di umanità, è doverosa la nostra solidarietà a favore del popolo afghano e, in particolare, verso le donne afghane. Per evitare poi una continua tragica ripetizione della storia, bisogna richiedere una politica estera, italiana ed europea, non subalterna alle logiche di guerra, che permetta di realizzare la soluzione dei conflitti e delle crisi in modo pacifico, attraverso le istituzioni internazionali e secondo quanto previsto dalla Costituzione italiana.

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