Un’ultima ricognizione in montagna subito prima di interrompere le ricerche, che duravano da ormai 18 giorni. Un estremo tentativo che si è rivelato decisivo per ritrovare il corpo di Federico Lugato, l’escursionista milanese (ma di origine veneziana) scomparso in Val di Zoldo lo scorso 26 agosto. Faceva lo psicologo del lavoro per Rfi (Rete ferroviaria italiana) e aveva 39 anni. Le speranze che fosse vivo erano praticamente nulle, anche se la moglie Elena Panciera aveva mobilitato centinaia di amici e volontari, convinta che fosse possibile salvarlo. Dopo oltre due settimane si era deciso di sospendere le operazioni: ma lunedì, di buon mattino, prima della riunione tecnica fissata in Prefettura a Belluno, si sono mosse tre unità cinofile della Finanza della stazione di Passo Rolle, del Centro addestramento Scuola Alpina e della stazione di Auronzo di Cadore. Sono stati i cani molecolari a trovare il corpo sotto uno spuntone di roccia, disteso tra i pini mughi.

Probabilmente la causa della morte è stata la caduta, ma soltanto l’autopsia potrà accertare quali siano state le lesioni che lo hanno ucciso. “Era poco fuori dal sentiero – racconta Camillo De Pellegrin, sindaco di Zoldo – come si fosse allontanato di pochi passi. Si può pensare che sia scivolato e abbia battuto la testa. Ma si tratta solo di ipotesi”. Il cadavere si trovava tra Pian delle Mandre e Col de Michel, all’incrocio dei sentieri 536 e 524, sopra l’abitato di Pralongo. È proprio da quella frazione di Forno di Zoldo che viene Elena, la moglie di Federico: la coppia possiede una casa a Fornesighe, un’altra frazione, dove si trovava in vacanza quando è accaduto l’incidente. Lugato, che conosceva molto bene la zona, era partito da Pralongo per affrontare un percorso ad anello nel Gruppo del Tamer-San Sebastiano. Quando non è rientrato a casa, la moglie ha dato l’allarme. E ha sperato fino all’ultimo che fosse ancora vivo: “È forte, ama la montagna, è là da qualche parte che aspetta solo che lo troviamo“, aveva detto incitando i volontari. Aveva anche aperto una sottoscrizione di fondi per sostenere le loro spese di alloggio. Ma più passavano i giorni più la speranza veniva meno. La zona è stata battuta, ma di Lugato non c’era traccia.

Quella in cui si era avventurato lo psicologo non era un’escursione pericolosa. Lui, poi, era partito attrezzato: aveva lasciato la propria Renault al parcheggio di Pralongo, portando con sé il cellulare, una borraccia e un paio di racchette da tracking. La geolocalizzazione del telefono non aveva dato indicazioni troppo precise e quindi non aveva consentito di circoscrivere l’area da setacciare. Con l’aiuto dei droni era stata battuta la zona di Col Michiel, della Croda Daerta, del sentiero dei Cengioni e di quello che dal Passo Duran porta a Forcella La Porta, senza trascurare torrenti e crepacci. Una settimana prima i cani erano già passati nel luogo del ritrovamento: ma allora la zona era più affollata di ricercatori, il che potrebbe aver disturbato la percezione degli odori. Lunedì, in una situazione più tranquilla, un cane della stazione di Auronzo di Cadore ha percepito qualcosa e ha attirato l’attenzione del proprio accompagnatore. “Hanno ritrovato Federico. Ce la faremo in qualche modo. Anche grazie a voi”, ha scritto su Instagram lunedì la moglie Elena, dopo aver ricevuto la notizia.

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