La colpa del caos in Afghanistan è “in buona parte” di Ashraf Ghani, il presidente fuggiasco, “che ha costruito un castello di carta e non è riuscito a fare il suo lavoro. Non ha unificato il Paese attorno ai valori repubblicani che diceva di sostenere, lasciando spazio a corruzione e nepotismo e senza impegnarsi a fondo su vere riforme e sviluppo dei servizi”. Ma “anche noi”, gli occidentali, “dobbiamo fare una riflessione, perché questo signore lo abbiamo sostenuto“. A dirlo è il rappresentante speciale della Nato a Kabul, l’italiano Stefano Pontecorvo, intervistato dal Messaggero all’indomani degli attacchi dell’Isis che hanno ucciso almeno cento persone all’aeroporto da cui partono le evacuazioni dei civili afghani.

Ci aspettavamo qualcosa del genere” sulla base dei report delle intelligence, spiega, ma “fuori dal perimetro dell’aeroporto è difficile intervenire. Le informazioni erano state passate ai Talebani, che hanno in mano la gestione del Paese”. Ma che, sostiene, non sono in grado al momento di fermare l’Isis sul territorio, perché “qui è crollata tutta la struttura istituzionale. Stanno cercando di rimetterla in piedi, ma ci vorrà del tempo. Poi non hanno il completo controllo del territorio e numeri sufficienti per poterlo fare”. I miliziani dello Stato islamico “cercano bersagli visibili, e l’aeroporto in questo momento era un obiettivo perfetto per farsi pubblicità”. E nel medio periodo il timore è “che Kabul possa diventare campo di battaglia per una guerra tra Isis e Talebani”.

Per quanto riguarda il futuro dell’Afghanistan, il funzionario lo vede “sicuramente governato dai Talebani. Avendoli incontrati spesso posso dire che stanno facendo i conti con un Paese che ancora non conoscono bene. Non sono dei grandi cosmopoliti, quindi inizialmente la loro attenzione sarà tutta rivolta ai rapporti con i Paesi vicini, quello è il loro orizzonte. E naturalmente mi riferisco anche e soprattutto alla Russia“. Le grandi potenze occidentali, spiega, devono parlare anche con loro perché “bisogna sempre parlare con tutti, così come è giusto calibrare i propri rapporti con il prossimo a seconda di come si comporta”. Per quanto riguarda l’Alleanza atlantica, conclude, “noi intendiamo portare fuori tutti gli afghani che hanno collaborato con noi”.

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