Lo hanno immortalato accovacciato sul muro di cinta che circonda l’aeroporto di Kabul. Una recinzione che per molti, in questi giorni di alta tensione nel Paese, segna il confine tra la fuga dall’Afghanistan e la vita sotto il nuovo regime talebano. Ha il suo giubbotto antiproiettile ben allacciato e l’elmetto legato al collo mentre solleva dalle braccia di un uomo, forse il padre, un bambino afghano consentendogli di lasciare il Paese. Così, è diventata virale l’immagine del viceconsole italiano nella capitale afghana, Tommaso Claudi, tra i pochi occidentali rimasti sul terreno di conquista degli Studenti coranici dopo la presa di Kabul, che da una settimana si trova allo scalo aeroportuale per dare una mano e cercare di favorire e velocizzare le procedure di evacuazione del maggior numero possibile di cittadini in fuga dalle possibili ritorsioni Taliban.

Da una parte i militari schierati per cercare di arginare le migliaia di persone, si parla di oltre 20mila ancora presenti nello scalo, che cercano una via di fuga dal Paese, dall’altra la folla di gente che cerca un’opportunità che vede negata dall’inevitabile nuovo regime talebano. In mezzo, su quel muro, c’è Claudi, 31 anni, in missione a Kabul dal 2019, che all’Ansa ha parlato della situazione che ha incontrato all’aeroporto e che lo ha convinto a rimanere ancora nel Paese per dare una mano: “Abbiamo purtroppo dovuto assistere a scene drammatiche, ma siamo riusciti in condizioni di assoluta emergenza a riportare a casa i nostri connazionali e alcuni dei nostri collaboratori afghani che in questi anni ci hanno consentito di operare in un contesto difficile – ha raccontato – In Afghanistan stiamo assistendo a una grande tragedia umanitaria e tutti stiamo dando il massimo mettendoci tutto il cuore e la professionalità di cui siamo capaci”.

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