Giornata complicata per i mercati internazionali alle prese con una sequenza di notizie che stanno disturbando gli investitori. La principale riguarda la Federal Reserve che sembra effettivamente intenzionata a stringere almeno un po’ i larghissimi cordoni della sua borsa e a ridurre gli acquisti mensili di titoli, al momento 120 miliardi di dollari. Con un’inflazione ormai oltre il 5% e una disoccupazione contenuta la banca centrale statunitense non ha fornito scadenze precise ma potrebbe muoversi a breve, indicativamente entro fine anno. Per l’economia una stretta monetaria significa credito un poco più costoso e quindi meno soldi a disposizione delle famiglie per consumare e/o delle imprese per investire. Per contro si rafforza il dollaro, in guadagno dello 0,2% sull’euro e dello 0,7% sulla sterlina, coerentemente con l’attesa di un rialzo dei tassi statunitensi.

L’altra nuvola nera sorge dalla Cina dove il presidente Xi Jinping ha annunciato una politica economica più redistributiva e attenta alle diseguaglianze. Tra le misure già adottate c’è l’esproprio senza risarcimento delle scuole private riservate ai figli dei ceti più abbienti e, alle viste, un aumento delle aliquote fiscali per le fasce di reddito più elevate. Soffre quindi tutto il settore del lusso che ha nei cinesi facoltosi il suo bacino di clienti più prezioso. Le borse asiatiche hanno chiuso tutte in calo. Hong Kong ha perso il 2%, Tokyo l’1,1%. In Europa la peggiore è stata Parigi (dove i titoli del lusso pesano molto) in calo del 2,4%. Seguono Londra (-1,5%) e Francoforte (- 1,2%). Chiusura in rosso anche per Milano (- 1,6%). A Piazza Affari si distinguono in negativo Moncler (-6,1%), Tenaris (- 4,6%), Cnh (- 3,9%) e Stellantis (- 3,5%). Il gruppo italo francese ha annunciato nuovi stop ad alcune linee produttive a causa della penuria di microchip. Positivi titoli difensivi come Italgas, Enel e Terna oltre ad Amplifon. Meglio i listini statunitensi con l’S&P500 che a metà seduta guadagna lo 0,3% e il Nasdaq a + 0,5%.

Quando l’umore è nero si intensificano i timori per le ricadute del propagarsi della variante delta sulle prospettive economiche. Una paura che contribuisce ad indebolire i listini ma che si fa sentire soprattutto sulle materie prime. In particolare il rame (il metallo più strettamente legato alle sorti dell’economia cinese) giù del 2%, il platino ha perso il 2,6%. Crolla a – 9% lo stagno. Flessioni sostenute anche per il greggio con il Brent, petrolio di riferimento per i mercati europei, in discesa di oltre il 3,2% a 66 dollari al barile.

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