Non ci sono solo 4,4 milioni di over 50 senza neanche una dose di vaccino. Altre due fasce di popolazione in Italia, quella 30-39 anni e quella 40-49 anni, risultano ancora troppo scoperte. Guardando il report vaccinale del governo, aggiornato alle 9 del 11 agosto, non hanno fatto neanche la prima iniezione oltre 3,3 milioni nella fascia 30-39 (poco meno del 50% della platea) e poco più 3,5 milioni nella fascia 40-49 (poco meno del 40%): per un totale di 6,8 milioni. Manca quindi all’appello in media il 45% di due fasce di popolazione che possono essere considerate particolarmente importanti: perché in queste ci sono sicuramente lavoratori attivi e persone con una vita sociale. Hanno senz’altro meno possibilità di contrarre la malattia in forma grave rispetto agli ultra 50enni, ma rappresentano una fascia comunque non esente da rischi.

Intanto la struttura commissariale guidata dal generale Francesco Figliuolo ha deciso di dare priorità ai ragazzini con l’organizzazione di corsie preferenziali per i 12-18enni. Finora, concordano Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università Statale di Milano, Carlo Federico Perno, Bambino Gesù, sono stati vaccinati gli “entusiasti e i convinti” ma ora “il lavoro duro è quello di andare casa per casa” cercando anche di trovare “una voce unica per comunicare e spiegare”. Un concetto espresso anche dal professor Silvio Garattini che, in un’intervista a ilfattoquotidiano.it, si è detto certo che buona parte dei cosiddetti “indecisi” possano essere convinti con informazioni corrette e mirate. E ha criticato la strategia di comunicazione del governo rispetto alla vaccinazione.

L’IMPORTANZA DI UNA VOCE UNICA E DELLA COMUNICAZIONE – Per il professor Perno “quello che stiamo sperimentando con i cosiddetti adulti è un rallentamento purtroppo fisiologico, già visto in altri Paesi come gli Stati Uniti e l’Inghilterra. Noi abbiamo vaccinato tutti coloro che erano entusiasti, tutti coloro che erano contenti, tutti coloro che ritenevano giusto od opportuno vaccinarsi. Sono rimasti alcuni no vax e lì inutile parlarne, ma c’è una quota che ha difficoltà a capire e qui entra quella che dovrebbe essere un’attenzione che tutti dovremmo avere, ossia spingere la campagna vaccinale, portando un’informazione che sia più corretta, oggettiva e concreta possibile. Leggendo quello che viene prodotto dai giornalisti e alcuni colleghi c’è una miriade di informazioni, non infrequentemente in contrasto tra loro. Quindi se non si riesce ad avere una informazione corretta, chiara e scientificamente univoca, colui che ha un dubbio se lo tiene, anzi si rafforza. Con una comunicazione corretta il no vax forse non la raggiungeremo (e sono una piccola piccola minoranza), ma tutti gli altri sì. Anche i giornalisti devono selezionare per competenze coloro che parlano di argomenti specifici”.

Intanto la campagna si sta concentrando sulle fasce più facili da catturare, mentre non si vedono ancora con chiarezza le strategie operative riguardo gli adulti da convincere. “Sono importanti anche i giovani, e con la variante Delta è importante ci sia la massima copertura, però la priorità senz’altro va negli ultrasessantenni, negli ultracinquantenni e a scendere – ragiona Pregliasco – . È un guaio perché il grosso del lavoro lo abbiamo fatto ora con gli hub con chi aveva voglia di essere vaccinato. Adesso il lavoro duro è quello di andare casa per casa quasi. Un lavoro anche di convincimento di quelli che sono un po’ pigri, sono boh vax (né no vax, né pro), è un’impresa. Certo si sono inserite questioni di ansia, paure rispetto alla vaccinazione e anche una perdita della paura della malattia. Molti si sono autoconvinti basandosi sulle fake news sui social. Ci sono comunicazioni e informazioni che come minimo pongono il dubbio sulla sperimentalità e sulla genetica”.

LA PRIORITA’ AGLI ADULTI MA NON SOLOL’immunologa Antonella Viola ritiene che sia più importante che in questo momento si peschino i 50enni piuttosto che vaccinare i giovanissimi. Non tutti la pensano allo stesso modo. “A fianco agli adulti – spiega Perno – anche la vaccinazione dei giovani è fondamentale. Nei giorni scorsi su Nature è stato pubblicato uno studio che dimostra che se noi vacciniamo una quota importante della popolazione, abbassiamo la guardia in termini di distanziamento e mascherina, e lasciamo che il virus circoli in un’altra quota della popolazione (per esempio i giovani, e/o altre aree geografiche del mondo) aumentiamo il rischio di generare varianti che possono sfuggire al vaccino. Questi sono i dati della virologia. Io credo che sia importantissimo vaccinare i 50enni, ma credo che bisogna vaccinare anche gli altri. Ora il virus circola di più dai 10 ai 29 anni secondo i dati dell’Iss, penso che vaccinare questa popolazione sia fondamentale. Anche gli under 12, perché abbiamo le evidenze che la vaccinazione è efficace e priva di tossicità significative su questa fascia della popolazione. Attenzione, al momento non abbiamo restrizioni nel numero di dosi di vaccino, quindi mi sfugge perché porre priorità antitetiche tra giovani e adulti”.

VACCINAZIONI DEI BAMBINI? – Un tema molto dibattuto non solo in Italia, ma anche nel resto d’Europa. Il professore Franco Locatelli da tempo esprime il suo parere da pediatra e raccomanda la vaccinazione nei più giovani. E a ilfattoquotidiano,it ha spiegato perché la raccomanda. C’è chi invece chiede prudenza. “Sono assolutamente contrario alla vaccinazione degli under 12, per due motivi – ha detto a Sky TG24 Francesco Vaia, direttore dello Spallanzani – Nei bambini è statisticamente irrilevante non solo il contagio ma anche la malattia al di sotto dei 12 anni. In questo caso quindi la bilancia rischio-beneficio penderebbe tutta sulla parte del rischio”. Il professor Pregliasco però integra così questa affermazione: “Sì, ma sono tanti e fanno un’attività sociale importante. Mi è capitato un caso di una bambina di 9 anni che ha infettato genitori non vaccinati. Il problema è la quantità e la vita sociale dei più giovani – dice Pregliasco – che li porta ad aver un rischio di diffusione nel contesto di persone più fragili nella loro famiglia. I bimbi sono quelli che proprio per la peculiarità per esempio della variante Delta hanno una grande capacità diffusiva e ritengo che ci siano elementi per una vaccinazione la più precoce possibile. Speriamo che i dati interessanti che ho visto confermino questo”.

Intanto dagli ultimi dati dell’Iss emerge che si sta abbassando l’età media delle persone che finiscono in ospedale. Al 31 luglio l’età media di chi si contagia è 27 anni; 49 anni di chi viene ricoverato in ospedale, 63 per chi va in terapia intensiva. E il trend sembra indicare un ulteriore abbassamento della metà dell’età dei ricoverati. Da qui l’importanza di completare la copertura della fascia dei 30-49enni di cui si parla poco, ma che nel totale rappresentano oltre il 10% della popolazione.

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