Gino Strada non si è ‘spento’, perché il suo impegno e il suo esempio sono cuore pulsante dentro tutti noi.

Provo un dolore ed uno stupore che condivido con i dirigenti del Terzo Settore, per la perdita di questo indomabile ‘capoccione’. Un ‘outsider’ capace di essere anche dentro le istituzioni nazionali ed internazionali. Uno senza peli sulla lingua, al limite dell’offensivo, ma capace di trattare con i pericolosi despoti del mondo. Un ‘semplice’ medico, ma capace di costruire Emergency, una delle Ong più conosciute e riconosciute nel mondo, non per capacità manageriali, ma per immenso spirito di servizio ed intelligenza. Un pacifista (anche se non si definiva tale) ma da combattimento, non da sofà radical chic.

Quando qualcuno chiede, a volte in modo sarcastico, “ma cosa fa il Terzo Settore…?”, persone come Gino Strada ed Emergency sono una risposta netta, e Gino è ‘solo’ il rappresentante più mediatico e visibile di un mondo di professionisti e manager che fanno del bene comune la loro prima missione. Così come Emergency non è la più grande Ong umanitaria italiana, ma è di certo la più conosciuta ai non addetti ai lavori.

Costruire ospedali e salvare vite, con chiunque quelle vite siano schierate e da qualunque fazione provengano: 10 milioni di persone curate.

Costruire ponti ed abbattere muri, negli scenari più pericolosi, rischiando la vita di persona e salvando quella dei collaboratori.

Saper rinunciare quando gli scenari sono troppo difficili e rischiosi, o magari improduttivi come in Libia e Palestina, cercando di utilizzare sempre al meglio le risorse economiche reperite, in gran parte grazie alle donazioni. Ma riuscire in scenari difficili, dal Sudan all’Afghanistan.

Essere infrastruttura, come in Afghanistan, dove Emergency per lungo tempo di fatto è stata in buona parte ‘la Sanità’.

Saper unire emergenza e bellezza, come per l’ospedale ‘scandalosamente bello’ progettato da Renzo Piano ed aperto da Emergency in Uganda, come Centro di Chirurgia Pediatrica.

Ma tanti progetti anche in Italia, da Nord a Sud, perché i poveri e i malati sono tutti uguali, alla fine. Non prima gli italiani: prima l’umanità: Dio mio ma come potrebbe essere altrimenti?

Gli avevo scherzosamente suggerito di sorridere di più, che i giovani hanno bisogno di risa e sorrisi, che tra un Don Ciotti cattolico che sembra sempre portare la croce e lui di sinistra sempre troppo serio il Terzo Settore sembra mancare di un po’ di leggerezza ed autoironia, nel fare cose serie senza prendersi troppo sul serio.

E comunque i giovani Gino li attira eccome, alla faccia di chi dice che ‘non ci sono più buoni maestri’ perché non ha occhi per vederli. Certo non è facile, ridere e sorridere pubblicamente, quando si ha a che fare con le parti più toccanti del dramma umano. Ma quell’ospedale con Renzo Piano, quel portare la bellezza nell’orrore, è stato uno dei lasciti più belli che potesse fare al mondo.

Grazie Gino, continua a costruire con noi, il tuo spirito cammina sulle nostre gambe.

Articolo Precedente

Covid, Rezza: “C’è ampia circolazione delle varianti. Bisogna essere prudenti in vista dell’autunno e correre a vaccinarsi”

next
Articolo Successivo

Vaccino Covid, Sileri: “Sarà necessaria terza dose per soggetti molto fragili, pazienti oncologici e anziani immunodepressi”

next