La bigenitorialità non deve essere usata strumentalmente per occultare la violenza nelle relazioni di intimità. I centri antiviolenza della rete DiRe hanno dato un giudizio positivo sugli emendamenti presentati in materia di affido dei minori dalla senatrice Valeria Valente e appoggiati da Pd, M5S, Italia Viva, LeU, Forza Italia, Alternativa c’è.

Le modifiche proposte sono finalizzate a limitare il potere delle Consulenze tecniche d’ufficio e hanno l’obiettivo di far emergere la violenza nel processo civile, anche attraverso procedimenti incidentali senza che ci siano più sentenze sull’affidamento basate solo sulle Ctu. Una posizione ribadita anche dalla Corte di Cassazione nel maggio scorso. Gli emendamenti sono mirati anche non far più prevalere il diritto alla bigenitorialità sul ‘supremo interesse’ del minore e ad escludere la Pas dalle Ctu, oltre a garantire l’ascolto dei minori nelle cause di separazione.

“Gli emendamenti proposti – ha detto Antonella Veltri, presidente DiRe – adeguano il nostro ordinamento alla normativa internazionale, in particolare alla Convenzione di Istanbul, che è legge dal 2013 ma continua di fatto a essere disapplicata, come ha dimostrato l’indagine condotta da D.i.Re tra le sue avvocate e l’ultimo rapporto della Commissione femminicidio”. Da tempo si denuncia una vittimizzazione istituzionale nei confronti di donne e bambini in situazioni di violenza familiare. Nei tribunali civili scompare la violenza e viene disposto l’affido condiviso anche se il padre è stato condannato in primo grado o con sentenza passata in giudicato o se è stato colpito da misure cautelari. Questo porta alla schizofrenia del sistema e all’abbattimento delle tutele per donne e bambini vittime di violenza.

Si tratta di una distorsione causata dalla applicazione in chiave astratta e dogmatica del principio di bigenitorialità, in palese violazione dell’articolo 31 della Convenzione di Istanbul che dispone: “Le parti adottano misure legislative o di altro tipo per garantire che, al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei figli, siano presi in considerazione gli episodi di violenza” e che “l’esercizio dei diritti di visita e di custodia dei figli non comprometta i diritti e la sicurezza della vittima e dei bambini”. La stessa Corte di Cassazione è intervenuta più volte per ribadire che la bigenitorialità non può prevalere sul supremo interesse del minore.

Manuela Ulivi, avvocata civilista del Gruppo Avvocate Dire e presidente Cadmi, spiega che “il Grevio – il Gruppo di esperte/i sulla violenza del Consiglio d’Europa – ha criticato l’approccio familistico delle procedure italiane, che mettono al centro la condivisione delle scelte familiari per i figli anche quando si parla di violenza. È stata chiesta espressamente la modifica di norme e procedure che di fatto sono strumento che contrasta con il superiore interesse del minore, principio che deve guidare l’azione della magistratura, come prevedono le norme internazionali ed è fondamentale rimettere al centro l’accertamento diretto dei fatti da parte del giudice e non delegare alle perizie (Ctu) la valutazione della genitorialità quando ci sono manifeste situazioni di violenza”.

Anche Jakub Stanislaw Golebiewski, presidente dell’associazione PiM – Padri in Movimento – appoggia gli emendamenti che andrebbero a sanare contraddizioni nel sistema giustizia che non sono più accettabili: “In questo momento è necessario, attraverso il pacchetto di emendamenti al disegno di legge di riforma del processo civile proposti dalla senatrice Valente e appoggiati da diverse realtà poltiche, stabilire un giusto bilanciamento tra diritto alla bigenitorialità e preminente interesse del minore in caso di violenza familiare come prevede la Convenzione di Istanbul. E sarebbe necessario istruire quelle associazioni che affermano di tutelare i diritti dei padri separati, che la bigenitorialità non è un principio astratto e tantomeno un lasciapassare per esercitare abusi e maltrattamenti per poi rifugiarsi nelle aule dei tribunali”.

Lega e Fratelli d’Italia si oppongono agli emendamenti, completamente indifferenti al problema della violenza contro le donne e i minori, cullano il ripristino dell’autorità paterna nella famiglia, nonostante la riforma del diritto di famiglia abbia compiuto 46 anni. Si tratta di forze politiche che usano il bisturi della bigenitorialità per fare il lifting alla patria potestà, convinti restauratori di un ordine simbolico che ha violato a lungo la vita, la libertà e il rispetto di donne e bambini. Assolutamente determinati a trattare bambini come oggetti a disposizione del padre, qualunque esso sia, sacrificano le tutele dei minori a ideologie che, prevalendo sul diritto, hanno causato, in casi estremi, la morte violenta di bambini.

La Lega e Fratelli d’Italia dimenticano con troppa facilità quei bambini uccisi da padri violenti ai quali è stato lasciato il diritto di avvicinarli: come Federico Barakat, 9 anni, della piccola Gloria Kouau uccisa a 2 anni, perché consegnata al padre mentre si trovava ospite insieme alla madre in una struttura protetta, o dei fratelli Davide e Andrea Iacovone, 12 e 9 anni, assassinati dal padre che ha mantenuto il diritto di frequentarli nonostante 10 denunce fatte dalla madre. Altri sono ancora vivi per fortuna, ma ancora esposti alle violenze paterne insieme alle loro madri.

Da troppo tempo nei servizi sociali e nei tribunali si dichiara in spregio al diritto, all’intelligenza, al buon senso, che un uomo violento possa essere un buon padre, negando sia le conseguenze traumatiche della violenza assistita che gli effetti nefasti di una violenza appresa. Come si può pensare che un uomo che picchia, umilia, controlla, insulta, minaccia la compagna stia proponendo un modello educativo accettabile, condivisibile e tutto sommato da “buon padre di famiglia”?

Gli emendamenti proposti da Valente e sostenuti da diverse forze politiche vanno approvati. Sarà una lunga battaglia di civiltà ma la si deve vincere.

@nadiesdaa

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