Il senso è di incredulità, di profondo smarrimento e di dolore vero. Libero De Rienzo appena 44 anni, attore, regista e “agitatore culturale” è stato trovato privo di vita nella sua abitazione. A poche ore dalla sua scomparsa, quel vuoto improvviso, si è trasformato in pura malinconia. Sembra di aver perso l’amico di sempre, la persona cara con cui, indirettamente, ci si confronta, si chiacchiera, si fa un pezzo di strada insieme.

Lui schivo, antidivo, irrequieto, talentuoso, di sinistra e napoletano è riuscito con la sua arte a compiere un raro miracolo: restituirci per 113 minuti, la durata del film Fortapàsc di Marco Risi, Giancarlo Siani, il giornalista ucciso il 23 settembre del 1985 a soli 26 anni dalla camorra mentre rientrava a casa nel quartiere Vomero a Napoli. Un agguato clamoroso, un omicidio “obbligato” per fermare e mettere a tacere un cronista dallo sguardo lungimirante e dal metodo rigoroso che con il suo mestiere poteva infliggere e assestare colpi durissimi non solo ai clan. Quel suo lavoro di denuncia costruito sul minuzioso racconto e il collegare i fatti stava diventando devastante per una camorra che si apprestava a cambiare pelle e diventare un “sistema di potere”.

Sembra che con la morte di Libero sia andato via di nuovo Giancarlo, perché i tanti che non hanno conosciuto quel “cronista scalzo”, attraverso la sua arte imponderabile hanno avuto il privilegio di viverlo, ammirarlo, comprendere e capire il suo mondo. Lo stesso Paolo Siani, fratello Giancarlo, in queste ore difficili, ha scritto pensando a Libero: “Nell’interpretare Giancarlo è andato ben oltre il suo lavoro. Ci ha messo l’anima. Ha voluto bene a Giancarlo. La sua interpretazione, infatti, è stata per me una grande emozione. È riuscito a far conoscere Giancarlo davvero per come era, un ragazzo allegro e semplice”.

Ho avuto la fortuna di conoscerlo in occasione dell’uscita del film Fortapàsc e della prima presentazione a Napoli. Discutemmo, tra le tante cose, del Rione Forcella, una zona di Napoli particolare, di cui lui era originario. Mi colpirono i suoi occhi in cerca di informazioni dirette, chiedeva a raffica, voleva conoscere cosa c’era dietro ai fatti di cronaca. All’epoca viveva a Parigi, nonostante la vita lontana era curioso, voleva sapere i dettagli. Qualche anno dopo con Marco Risi, Paolo Siani ci ritrovammo all’Istituto italiano di Cultura di Bruxelles per la proiezione del film Fortapàsc e per raccontare chi era Giancarlo Siani. Quando si riaccesero le luci in platea, ci mancavano le parole, occhi umidi e una unica certezza: Libero De Rienzo per 113 minuti alla guida di quella Mehari è stato Giancarlo Siani.

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