False email tra giornaliste, che non si conoscevano nemmeno, per scambiarsi informazioni. Mail in cui viene annunciata una fantomatica e sconvolgente inchiesta della procura di Torino sul Partito democratico. Le ha consegnate il 27 aprile scorso al consiglio giudiziario della Corte d’appello l’ex sostituto procuratore Andrea Padalino, ora giudice civile a Vercelli, nel corso di un’audizione utile alla sua valutazione professionale. Lui, finito sotto inchiesta a Milano per corruzione in atti giudiziari e abuso d’ufficio e inoltre sanzionato a febbraio dal Consiglio superiore della magistratura, suggeriva di indagare certi legami tra procura e giornalisti per dimostrare di essere finito al centro di una campagna stampa nata negli uffici giudiziari. Sebbene quel materiale sia falso, il dossierino è arrivato a Lo Spiffero, giornale online di Torino, che sabato mattina lo ha pubblicato senza troppe verifiche, accennando in una riga l’esistenza di accertamenti in corso. Sembrava di leggere, in chiave locale, di un nuovo scandalo su una magistratura che piega le indagini a fini politici, un piccolo caso Palamara. La storia è diversa.

Dopo l’audizione di Padalino, la procura ha avviato accertamenti su quelle email e l’indagine – rimasta contro ignoti – è stata archiviata due settimane fa. Lo scopo era accertare se qualcuno si fosse introdotto abusivamente sui server delle email de La Repubblica per rubare gli scambi tra un ufficiale dei carabinieri, Luigi Isacchini, e una giornalista del quotidiano, Ottavia Giustetti, e tra quest’ultima a una giornalista de ilfattoquotidiano.it, Giovanna Trinchella. Non è stata trovata nessuna traccia di quei messaggi e anzi sono state scoperte delle discrepanze. Secondo il Tribunale, che ha disposto l’archiviazione, quelle mail consegnate dal magistrato ai colleghi incaricati di valutarne la professionalità erano “artificiosamente costruite, finanche con un comune programma di video scrittura”. Impossibile, allo stato delle cose, sapere chi sia l’autore dei falsi e se Padalino ne fosse consapevole. Il tenore dei messaggi, datati 29 gennaio 2021, è così didascalico da risultare naif agli occhi dei cronisti più esperti: “Ciao Giovanna, ti giro le foto di Padalino da Cannavacciuolo con tutta la famiglia che mi ha appena inviato Luigi, così puoi fare il pezzo sulle cene e sul soggiorno gratis all’hotel San Rocco di Orta San Giulio”. All’epoca le due giornaliste neanche si conoscevano. Sarebbe bastato poco a Lo Spiffero per verificare le informazioni e dubitare del contenuto del materiale che qualcuno gli ha passato. Ha dovuto modificare il calibro del suo articolo dopo la pubblicazione, quando ormai aveva sollevato sospetti sull’operato di magistrati e giornalisti, dopo essere già circolato tra politici e avvocati. Poi la testata ha ammesso l’errore, ma limitandosi a pubblicare la lettera delle due giornaliste (che ha smontato il pezzo) nello spazio “la voce dei lettori” anziché metterla all’interno dell’articolo o in calce.

Lo Spiffero definisce Padalino come un magistrato “finito nel tritacarne delle faide interne al Palazzo di giustizia”, vittima dei veleni interni alla procura. Stando ai fatti, a Milano i pm Eugenio Fusco e Laura Pedio hanno chiesto il suo rinvio a giudizio per corruzione in atti giudiziari. Il procedimento ruota intorno una serie di scambi di favori tra privati cittadini, un avvocato (ora deceduto), un maresciallo dei carabinieri che lavorava con Padalino e il magistrato stesso. L’avvocato faceva sì che gli esposti dei suoi clienti arrivassero all’ufficio del sostituto procuratore suo amico, dove poi venivano seguiti dal maresciallo che in cambio otteneva alcuni favori. In questo contesto, i pm milanesi ipotizzano che anche Padalino abbia ricevuto qualcosa: il magistrato ha soggiornato gratuitamente all’Hotel San Rocco di Orta San Giulio, sul lago Maggiore, grazie alla sua amicizia con Fabio Pettinicchio, brigadiere (sospeso) della Guardia di finanza e poi addetto alla sicurezza della struttura. Pettinicchio e il suo avvocato, lo stesso di cui sopra, avevano ricevuto supporto e consigli da Padalino nel corso del processo contro il finanziere per reati legati allo sfruttamento della prostituzione. Oltre alle vicende penali, c’è poi quella disciplinare: il Csm ha sanzionato Padalino con una “censura” per aver condotto un’indagine sul furto di due hard disk dagli uffici della polizia giudiziaria iscrivendo tra gli indagati due carabinieri dell’aliquota di polizia giudiziaria, senza mai informare i suoi superiori della cosa. L’inchiesta era nata dalle segnalazioni di alcuni militari contro un collega, la cui colpa era quella di aver partecipato all’indagine contro un ufficiale dell’Arma.

Non solo. Un altro procedimento ha fatto emergere l’interessamento di Padalino (non indagato) nelle sorti della Setup Live, società dell’imprenditore Giulio Muttoni (a lungo sponsor de Lo Spiffero e amico dell’ex senatore Pd Stefano Esposito) colpita da un’interdittiva antimafia. In questo procedimento Muttoni ed Esposito sono indagati. Da quegli atti si scopre che Padalino viene interpellato da Muttoni nel suo disperato tentativo di liberarsi da quel provvedimento che mette in difficoltà la sua società. Per lo Spiffero, però, si tratta soltanto di faide interne alla procura.

Aggiornamento del 10 gennaio 2022

Andrea Padalino è stato assolto in primo grado a Milano dalle accuse di corruzione in atti giudiziari e abuso d’ufficio

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