Le lotte interne e la mancanza di una guida politica per il Movimento 5 stelle fanno sentire i propri effetti anche sulle questioni concrete. Per esempio le nomine Rai. Camera e Senato avrebbero dovuto scegliere i nomi dei quattro consiglieri del nuovo Cda. Ma a chiedere un rinvio del voto sono stati proprio i pentastellati. Secondo alcune fonti, il loro nome era stato individuato in Antonio Palma, classe 1951, avvocato amministrativo napoletano con un curriculum di tutto rispetto: scelta frutto di uno studio approfondito sulle candidature giunte alle Camere da parte degli 8 esponenti pentastellati della Commissione di vigilanza. Palma è stato preferito, a larga maggioranza, ad altri due avvocati: Luigi Di Majo, quasi omonimo del ministro degli Esteri, con un passato “televisivo” per aver lavorato a Chi l’ha visto? e a Forum, e Paolo Favale, già nell’ufficio legale di Viale Mazzini e oggi alla produzione tv. Favale ci aveva provato anche nel 2018, ma gli era stata preferita Beatrice Coletti. Insomma, il nome indicato dai grillini della Vigilanza, quello “con il profilo più adatto”, era Palma, ma lunedì pomeriggio è arrivato lo stop di Vito Crimi. Dovuto, appunto, alla mancanza di guida politica: nessuno era titolato a mettere la bollinatura definitiva su Palma. Non Luigi Di Maio, né Giuseppe Conte e nemmeno Beppe Grillo. E, data la delicatezza della questione, si è preferito fermare tutto. Ora il prossimo voto è stato fissato tra una settimana, mercoledì 14 luglio.

Lo slittamento non è stato preso benissimo a Palazzo Chigi, visto che due giorni prima, lunedì 12, è fissata l’assemblea dei soci che, oltre all’approvazione del bilancio, dovrebbe indicare amministratore delegato e presidente. Al momento la convocazione resta in piedi, ma è difficile che Mario Draghi faccia uno sgarbo al Parlamento nominando il vertice prima del voto sul cda. “Siamo consapevoli delle difficoltà dei partiti e in particolare, in questa fase, dei 5 Stelle. Vedremo…”, fanno sapere da Palazzo Chigi. Secondo alcune fonti, il premier avrebbe già in testa i due nomi, ma attendeva di fare un ultimo passaggio con i partiti, soprattutto sul presidente (che poi dovrà essere votato in Vigilanza), prima del via libera definitivo. E le voci di corridoio negli ultimi giorni parlano con insistenza di un papa straniero. Ma resta da capire se l’identikit risponde a quello di un manager europeo (non italiano, dunque) oppure a un nostro connazionale con molti anni di esperienza all’estero. I nomi che circolano sembrano confortare più la seconda ipotesi: si parla di Giorgio Stock, ex presidente di Warner Media con un passato in Disney, e di Matteo Maggiore, direttore della comunicazione della Banca europea degli investimenti. Quest’ultimo ha però un profilo poco manageriale. Se l’ad sarà uomo, presidente sarà una donna, e in questo caso molti scommettono sulla giornalista e saggista Paola Severini Melograni.

Il rinvio chiesto dai 5 Stelle, intanto, fa gioco anche alle altre forze politiche, tutte tranne Italia Viva, che era pronta a votare (“lo slittamento è un pericoloso precedente!”, è sbottato Michele Anzaldi). Nel Pd, infatti, non sono ancora del tutto convinti di Francesca Bria, sponsorizzata da Andrea Orlando con l’ok di Enrico Letta. E potrebbe rispuntare Flavia Barca. I dem, comunque, indicheranno una donna. Mentre nel centrodestra sono in tre a combattere per due posti. Perché Forza Italia questa volta non ci sta a fare la bella statuina e vorrebbe il posto che spetta ai meloniani. Il consigliere uscente Giampaolo Rossi (in quota Fdi), dunque, traballa. “Voi avete la presidenza della vigilanza (Alberto Barachini, ndr) e un posto all’opposizione va lasciato”, attaccano i meloniani. “Conta molto di più un membro del Cda di uno della vigilanza”, replicano i berluscones. Vedremo come finirà. Ma pure l’uscente leghista Igor De Biasio non dorme sonni tranquillissimi, perché nel partito di Salvini qualcuno ha sollevato la questione del suo possibile conflitto d’interessi, visto che dal 2019 è ceo di Arexpo. Insomma, qualche giorno in più di riflessione può far bene a tutti. Tranne a Draghi, che non ha proprio voglia di perdere troppo tempo sulla partita Rai. Una palude, quella di Viale Mazzini, in cui però rischia di rimanere invischiato anche lui.

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