Il lavoro del fotoreporter è fatto anche di ore ed ore di selezione. Al ritorno da un viaggio di lavoro, che sia in un teatro di guerra o relativo a un particolare progetto fotografico, inizia la scrematura che porterà alla pubblicazione di poche decine di scatti, a fronte delle centinaia realizzate durate le settimane on the ground. Così, negli hard disk rimangono non solo le immagini, ma le esperienze, le storie, i racconti di persone e luoghi che non troveranno mai spazio sulle pagine dei quotidiani o delle riviste.

Così, il fotoreporter Giorgio Bianchi ha deciso di raccogliere tutti i suoi migliori scatti in Teatri di guerra contemporanei, un reportage fotografico (Mimesis edizioni). Un libro nato dall’esigenza di raccontare che quando un fotografo conduce un lavoro di documentazione a lungo termine non si limita ad accumulare immagini in un hard disk, ma diventa in qualche modo parte integrante del tessuto sociale di quel luogo.

Un processo che avviene attraverso “l’accesso privilegiato nell’intimità delle vite dei protagonisti”, con “il suo punto di vista che diventa sovrapponibile, o quantomeno complementare, a quello dei personaggi delle sue storie”, con il suo racconto che quindi “non si limita a fungere da didascalia alle immagini, ma diventa anch’esso parte del racconto”.

Con quest’opera, Bianchi ci porta nei luoghi che più di altri hanno contraddistinto la sua attività degli ultimi anni. Siria e Ucraina, due guerre molto diverse tra loro ma che sono accomunate da ciò che lega tutti gli altri conflitti del mondo: la sofferenza, la povertà, la morte, la vittoria e la sconfitta, tutte raccontate attraverso gli occhi (e i volti) dei loro protagonisti. Questo libro “è il racconto dei conflitti avvenuti in quei luoghi e delle loro conseguenze sulle popolazioni attraverso gli occhi di un testimone che li ha vissuti in prima persona assieme ai protagonisti delle sue storie. La cruda quotidianità di chi affronta tutt’oggi la vita in aspri luoghi di conflitto, proposta senza filtri al lettore attraverso un equilibrato connubio tra la cronaca testuale e i forti scenari catturati dall’obiettivo, spietato, del fotoreporter, in oltre 50 fotografie a colori”.

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