Ci sono i primi indagati per il disastro della funivia del Mottarone, nel quale sono morte 14 persone, tra cui due bambini. A dirlo, secondo le agenzie di stampa, sono stati gli stessi inquirenti. Nelle stesse ore, tra il pomeriggio e la prima serata, i carabinieri hanno convocato nella caserma di Stresa i primi dipendenti della società che gestisce l’impianto di risalita (la Ferrovie del Mottarone srl) per essere sentiti come persone informate sui fatti. Una possibile conferma che qualcuno sia entrato da testimone e possa uscire da indagato è il fatto che, come racconta laStampa.it, è stato visto arrivare un legale, l’ex sindaco di Stresa Canio Di Milia. Alla raccolta delle testimonianze, peraltro, partecipa anche la procuratrice capo di Verbania Olimpia Bossi. Un’accelerazione dovuta anche agli accertamenti tecnici che la Procura di Verbania – che indaga per disastro colposo, omicidio plurimo colposo e lesioni colpose – è chiamata ad effettuare per chiarire le cause e la dinamica: in quella sede, soprattutto in caso di esami irripetibili, gli indagati dovranno nominare dei consulenti di parte. Il lavoro che stanno compiendo in queste ore magistrati e polizia giudiziaria è di ricostruire la catena della responsabilità: della gestione, della manutenzione, della revisione.

Il fatto nuovo della giornata – che si lega a doppio filo almeno apparentemente alla convocazione dei dipendenti della Ferrovie del Mottarone – sono le foto del relitto effettuate il giorno stesso da vigili del fuoco, soccorso alpino, polizia di Stato. Tutte le immagini mostrano la presenza di un cosiddetto “forchettone” a uno dei freni della cabina, una ganascia che potrebbe aver impedito l’azionamento del sistema di blocco dell’abitacolo. Si tratta di una staffa che si toglie di solito in modo manuale e che viene utilizzata con le cabine vuote in caso di prove tecniche e quindi – se questa circostanza fosse confermata dalle perizie e dalle verifiche della Procura e dei suoi consulenti – si farebbe strada l’ipotesi dell’errore umano, dovuto a una distrazione.

Un altro fatto entrerebbe nello schema di questa ricostruzione: il guasto per il quale il giorno prima del disastro avrebbe provocato il blocco della funivia. A confermarlo, dopo le anticipazioni della Stampa, è un testimone che ha raccontato cos’è successo a ilfattoquotidiano.it: “Ci hanno detto che c’era un ritardo di venti minuti per dei lavori. Abbiamo aspettato e quando siamo saliti sulla cabina, sopra c’erano due tecnici che avevano finito dei lavori”. “Se questo sia collegato o meno con l’incidente ancora non lo sappiamo” ha detto ancora in giornata la procuratrice capo di Verbania Olimpia Bossi, che coordina le indagini con la pm Laura Carrera.

La Procura intanto ha anche acquisito i filmati delle telecamere dell’impianto in cui si vede in particolare l’ultimo tratto del percorso della cabina diretta verso l’ultima stazione in vetta. Nelle immagini il cavo traente che si spezza e la cabina che precipita all’indietro, sparendo dalla visuale. “La cabina era sostanzialmente arrivata al punto di sbarco, si vede che sussulta e torna indietro”, spiega la procuratrice Bossi che ha visionato una parte dei video. “La visuale è però limitata alla zona dell’arrivo” aggiunge. Le immagini a disposizione sono riprese da più angolazioni e sono disponibili anche gli audio di quei secondi in cui la cabina comincia la sua corsa nel vuoto. Si sente il rumore del cavo che si spezza, ma non le voci delle persone a bordo, mentre l’addetto, sorpreso da ciò che sta accadendo, compie un balzo all’indietro, secondo i racconti di chi ha potuto visionare i video. Ci vorrà qualche giorno per vedere e analizzare i video delle telecamere di sorveglianza. I filmati a ciclo continuo, 24 ore su 24, vanno a ritroso per sette giorni e sono più di due. “Per visionarli – spiega il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Alberto Cicognani – ci vorrà il tempo necessario. Stiamo facendo tutto con scrupolo”.

Bossi sottolinea che non c’è ancora certezza riguardo la dotazione o meno dell’impianto di una scatola nera. La Procura nelle scorse ore ha incaricato tra gli altri il professor Bruno Dalla Chiara, docente di Sistemi di Trasporto ferroviari, metropolitani e a fune del Politecnico di Torino. I periti dovranno esaminare tutto il tratto di funivia che, nel frattempo, rimane sotto sequestro.

L’assessore piemontese ai Trasporti Marco Gabusi in consiglio regionale ha ricostruito la terribile discesa verso valle che ha preceduto lo schianto al suolo: “Ci sono due sistemi frenanti che devono agire se purtroppo capita una cosa di questo genere – ha spiegato – Se il sistema frenante non si aziona la cabina torna indietro, si calcola lo abbia fatto a oltre cento chilometri orari. In corrispondenza del pilone non dovrebbe esserci stato nessun urto, ma la pendenza che cambia a quella velocità ha fatto da trampolino e la cabina è saltata per aria a centro chilometri orari, facendo un volo di 54 metri, e poi è ancora rotolata per qualche decina di metri”.

Resta ancora tutta da capire, infine, se la proprietà della funivia sia del Comune di Stresa o della Regione, visto che in occasione dell’ultima importante riqualificazione il Piemonte ha stanziato un importante contributo che prevedeva anche il passaggio di proprietà dal Comune, ma non è ancora chiaro se questa procedura sia stata completata. “Ho visionato la documentazione dell’ufficio tecnico – ha detto in serata il vicesindaco di Stresa Alessandro Bertolino al Tg4 – e risulta che l’ultimo step che era stato compiuto era l’accordo di programma Comune-Regione del 2014 mediante il quale veniva trasferita la proprietà al Comune, poi non è mai stata perfezionata la trascrizione di questa cessione, quindi siamo in una sorta di limbo, mi sembra di capire”. Bertolino, tra le altre cose, ha confermato che i controlli giornalieri erano fatti dalla società che gestisce la funivia.

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Funivia del Mottarone, la procuratrice: “Cabina viaggiava così da più giorni, interventi sull’impianto non erano stati risolutivi”

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