Sono passati 13 giorni e Malcolm Bidali, portato via il 4 maggio dal suo alloggio in Qatar per essere interrogato dai servizi di sicurezza, non si sa ancora dove si trovi e in che condizioni sia. Lavoratore migrante arrivato in Qatar dal Kenya, fino al giorno della scomparsa Bidali era impiegato come guardia privata e gestiva, con lo pseudonimo Noah, un blog e un account Twitter dai quali denunciava le violazioni dei diritti umani subite dai lavoratori migranti, soprattutto quelli impegnati nell’organizzazione dei mondiali di calcio del 2022.

Una settimana prima che lo prelevassero, aveva portato la sua testimonianza a un’affollata conferenza stampa. Possibile che le autorità del Qatar, mai così sotto pressione a un anno e mezzo dall’inizio dei mondiali, alle prese con continue denunce da parte delle organizzazioni per i diritti dei lavoratori, delle associazioni per i diritti umani e degli organi d’informazione, abbiano deciso di “zittire” almeno il fronte interno?

Se lo sono chiesto in molti. Poi, l’11 maggio, Qatar-Migrant-Rights.org, FairSquare, Amnesty International, Human Rights Watch e Business & Human Rights Resource Centre hanno scritto ai ministeri competenti sollecitando informazioni su Bidali. Dopo 24 ore, il governo è stato costretto a comunicare che l’uomo era agli arresti e sotto interrogatori per “violazione delle leggi sulla sicurezza interna”, ma non hanno reso noto dove fosse trattenuto.

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