Dopo la chiusura indagini e la richiesta di rinvio a giudizio è cominciato oggi a Perugia, davanti al giudice per l’udienza preliminare Angela Avila, il procedimento che vede imputati l’ex magistrato e consigliere del Csm Luca Palamara, l’ex procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio e il già sostituto procuratore di Roma Stefano Rocco Fava. Contestati a vario titolo i reati di concorso in rivelazione e utilizzazione di segreti di ufficio, accesso abusivo al sistema informatico e abuso d’ufficio. Davanti al gup – che dovrà decidere se mandare a processo o prosciogliere gli imputati – si è presentato anche il procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo (nella foto), persona offesa nel procedimento, che ha chiesto di costituirsi parte civile nel processo nei confronti di Fava e Palamara.

Lo stesso hanno fatto anche il ministero della Giustizia, l’associazione Cittadinanza Attiva e il fratello di Paolo Ielo, l’avvocato Domenico Ielo. “La richiesta di costituzione di parte civile da parte di Domenico Ielo – ha spiegato il suo legale Luca Troyer – è motivata dall’enorme danno di immagine che questi illeciti dossieraggi con le successive veicolazioni agli organi di stampa gli hanno procurato”. Il difensore di Palamara, l’avvocato Benedetto Buratti, ha invece chiesto di citare il Csm come parte offesa nel procedimento. Il gup si è quindi riservato di decidere sulle richieste.

In base alla ricostruzione della procura di Perugia Fuzio, ‘su istigazione’ di Palamara gli avrebbe rivelato l’arrivo al Comitato di presidenza del Consiglio superiore della magistratura di un esposto presentato da Fava riguardante comportamenti ‘asseritamente scorretti’ dell’ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone.
Nella richiesta di rinvio a giudizio è coinvolto anche lo stesso Fava accusato di accesso abusivo a un sistema informatico o telematico. In particolare la procura di Perugia gli contesta di essersi abusivamente introdotto in un applicativo del ministero della Giustizia per la digitalizzazione degli atti acquisendo i verbali d’udienza e della sentenza di un procedimento ‘per ragioni estranee’ a quelle per le quali aveva facoltà . Il suo obiettivo – emerge sempre dalla richiesta di rinvio a giudizio – era di avviare una campagna mediatica ai danni di Pignatone, che da poco aveva lasciato la guida della procura di Roma, e dell’aggiunto Paolo Ielo, anche con ‘l’ausilio’ di Palamara.

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