Manovre di palazzo e bustarelle. Sembra scritta da un sceneggiatore la storia che sta squassando la magistratura. Con il pm ed ex presidente dell’Anm, Luca Palamara indagato per corruzione per aver intascato 40mila euro per far sedere sulla poltrona di procuratore capo di Gela, Giancarlo Longo. Ma nelle 19 densissime pagine con cui la procura di Perugia ha ordinato agli uomini della Finanza di perquisire il magistrato c’è anche un’altra poltrona che, stando alle prime verifiche degli inquirenti di Perugia, interessava a Palamara: proprio quella del procuratore capo di Perugia. Questo perché il magistrato era perfettamente a conoscenza di essere stato indagato “tanto da parlarne con un parlamentare imputato”.

È il consigliere del Csm Luigi Spina – appartenente alla corrente Unicost come Palamara – che gli rivela due informazioni riservatissime ovvero il deposito alla I commissione dal Comitato di Presidenza un esposto del pm Stefano Rocco Fava contro il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone e l’aggiunto Paolo Ielo  Perché da Roma, proprio per mano di Ielo, era partita una trasmissione atti a carico di Palamara verso Perugia. Agli uomini della Finanza quindi è stato delegato dai pm di Perugia Gemma Miliani e Mario Formisano la ricerca dei documenti che Fava, indagato per favoreggiamento, avrebbe consegnato a Palamara e da utilizzare contro Ielo. Gli investigatori delle Fiamme gialle hanno anche intercettato anche una conversazione tra Spina (che ora rischia la sospensione dal Csm), Palamara e due parlamentari, in cui il consigliere informa Palamara che all’esposto di fava è allegato un cd “secretato”. 

Le manovre per la nomina del procuratore di Perugia
Gli inquirenti hanno delegato la caccia alla documentazione perché tra i documenti “esibiti e descritti” a Palamara e quelli da lui trasmessi nel suo esposto “risultano diversi”. Ed è qui si innesta il tentativo in qualche modo di entrare e interferire sulla nomina del nuovo procuratore capo di Perugia, una delle sedi vacanti da riempire. È il 7 maggio scorso quando Palamara fa riferimento per la prima volta a “quella cosa” che Fava vuole mandare a Perugia mentre parla con un collega. “E l’argomento nel quale si inserisce il riferimento  – si legge nel decreto – è l’individuazione di un candidato da appoggiare da parte di Palamara per l’incarico del procuratore di Perugia; “ma io non c’ho nessuno a Perugia… zero” replica Palamara che si informa su uno dei tanti candidati, conosciuto a in contatto con il suo interlocutore”.

Nel corso della conversazione che prosegue “si comprende che, secondo il citato collega, Palamara non avrebbe alternative (per problemi  e logiche di correnti qui irrilevanti) se non ‘appoggiare’ il candidato proprio di cui i due parlano e a quel punto – si legge nel decreto  – l’indagato chiede esplicitamente al suo collega: chi glielo dice che deve fa quella cosa lì’, e a seguito di chiarimenti richiesti dall’interlocutore, infine chiarisce ‘eh deve aprire un procedimento penale su Ielo… cioè stiamo a parlà di questo …. non lo farà mai“. La conclusione per gli inquirenti è piuttosto netta: “Da tale conversazione, ma soprattutto quella del 16 maggio con Fava … traspare l’interesse di Palamara a che venga nominato un procuratore a Perugia che sia sensibile alla sua posizione procedimentale e all’apertura di un procedimento fondato sulle carte che Fava sarebbe intenzionato a trasmettere a tale ufficio”. Quelle carte che Fava voleva utilizzare contro l’aggiunto di Roma.  

“Intenzione di raccogliere informazioni compromettenti contro Ielo”
E infine concludono gli inquirenti: “L’intenzione di Palamara di raccogliere informazioni compromettenti sul conto del collega Ielo emerge da alcune conversazioni telefoniche” con un commercialista anche consulente della procura di Roma che a un certo punto gli dice di aver acquisito “informazioni” sul fratello di Ielo (che è un avvocato, ndr) “che potrebbero danneggiare quest’ultimo”. Un’ipotesi che va “accertata e verificata” chiosano gli inquirenti: “Che la consegna di queste carte ‘contro’ i suoi colleghi da parte di Fava e parimenti le informazioni assunte” dal commercialista “abbiano per Palamara, nella sua ottica, un valore al contempo difensivo e forse di ‘ritorsione’, emerge nitidamente dai colloqui che Palamara ha con l’amico Spina dopo le informazioni assunte da questa procura”. E per questo che il decreto si chiude con uno stralcio di questa intercettazione. Spina: “C’avrai la tua rivincita perché si vedrà che chi ti sta fottendo e tutte le cose forse sarà lui a doversi difendere a Perugia, per altre cose perché noi a fava lo chiamiamo”. Palamara: “No, adesso lo devi chiamare altrimenti mi metto a fare il matto”.

Ora al vaglio degli inquirenti ci sono i file contenuti in uno dei computer dell’ex consigliere del Csm sequestrato a piazzale Clodio. Palamara nel pomeriggio è stato ascoltato per ore in una caserma della Finanza a Roma. Al termine la sua dichiarazione: “In merito alla rivelazione del segreto di ufficio, come ho detto ai magistrati di Perugia, era un segreto di Pulcinella visto che da più di un anno moltissimi colleghi non titolari del’indagine erano a conoscenza di questi fatti e li utilizzavano in qualche modo per silenziarmi sui fatti inerenti le nomine del procuratore di Roma e per impormi di revocare la mia domanda. Continuerò a Perugia l’interrogatorio davanti ai pm che stanno scrupolosamente seguendo l’indagine”. 

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