Il credito, nel nostro paese, è classista e fortemente influenzato da pregiudizi di natura socio-demografica. Le banche, per la concessione di finanziamenti, utilizzano modelli che si appoggiano esclusivamente sui dati sociodemografici e delle centrali di rischio. Questi modelli conservativi svantaggiano determinate popolazioni o lavoratori che non hanno mai ottenuto prestiti in passato (come i lavoratori precari) o che non appartengono a classi più tradizionali (per esempio gli immigrati).

Autolesionismo puro, visto che queste modalità di erogazione creditizia non permettono alle banche di incrociare i bisogni di una vasta popolazione di clienti e di produrre un reddito “diverso” dalla attività più remunerativa di una istituzione finanziaria, cioè concedere prestiti.

Per rivoluzionare il credito, allontanandosi dagli schemi convenzionali e produrre “nuovo” reddito, le banche dovrebbero allargare i loro orizzonti in termini di nuovi target di clientela, immaginando tipologie di utenti che rappresentino al meglio i trend odierni. Mi sono chiesto: avete mai pensato al genitore under 45, allo studente indipendente che svolge lavori saltuari, ai giovani lavoratori nelle prime fasi di carriera che amano viaggiare, ai lavoratori precari e infine ai lavoratori avviati che necessitano però di piccoli prestiti? In altri termini, care banche, vi siete mai soffermate sulle esigenze dei Millennials?

Una domanda che mi sono posto a seguito di una indagine effettuata mentre scrivevo il mio ultimo libro Salviamoci (Chiarelettere). Perché un dato è certo: il credito per i millennials non funziona. I modelli convenzionali fanno affidamento prevalentemente sulle centrali di rischio, che fanno molta fatica su questo tipo di segmento perché composto da persone che generalmente sono alla loro prima richiesta di prestito, hanno una storia lavorativa giovane, oppure hanno viaggiato molto e si sono trasferiti da poco di nuovo sul territorio italiano. Si tratta di generazioni di clienti abituate ad un consumo online, prevalentemente da smartphone ma soprattutto in maniera istantanea e paperless. Un consumo fatto di iniziativa (cerco sul web il prestito più veloce e conveniente) e non di conformità (non aspettano la telefonata del consulente bancario).

Chi sarà in grado di interfacciare un mercato potenziale che per il 2020 ha raggiunto i 2,3 miliardi di individui e che, per l’Italia, è di oltre 11 milioni di utenti?

Forse le banche tradizionali, ancora molto lontane da modelli di efficienza in termini di analisi del mercato, considerano ancora poco maturi gli appartenenti alla Generazione Y? Falso problema. Considerato che i Millennials hanno un’età compresa tra i 18 e 34 anni, si può dire che la Generazione Y italiana è ormai cresciuta e sviluppata. Infatti più del 59% dei nativi digitali ha un’età compresa tra 25 e 34 anni, il 32% si colloca nella fascia 18-24 e solo l’8,5% ha meno di 18 anni.

La verità è un’altra.

Gli istituti finanziari del nostro paese, oggi, hanno accesso a dati organizzati in database vecchi e convenzionali. Si tratta delle solite informazioni quali data-credit history (la tua storia come debitore) e rating ottenuti in passato, documenti di identità, dati demografici, dati raccolti nei sondaggi pubblici e dati riguardo alle transazioni personali effettuate presso la banca di riferimento. La preistoria.

Urge innovare tecnologicamente le banche. Sono poche e soprattutto di piccole dimensioni quelle che si stanno orientando al cambiamento per cui sussiste, allo stato, una profonda sperequazione, per questo target, tra domanda di prestiti e offerta di finanziamenti.

La ricerca mi ha permesso di imbattermi in una piattaforma di una banca, una piccola realtà in forte espansione, che ha deciso di utilizzare Cream, la nuova app ideata da Faire.ai, fintech creata da quattro giovani talenti e specializzata nell’automazione del credito al consumo. Ho provato la versione demo della app con un Millennial che, contrariamente alle mie sensazioni (appartengo alla generazione dei boomers), non si meravigliava affatto di tanta semplicità ed immediatezza, a conferma del fatto che quelli della generazione Y hanno una consapevolezza del tempo molto selettiva: non impiegherebbero mai le loro giornate per lunghe file agli sportelli o per la raccolta di documenti o per aspettare una risposta dopo almeno 10 giorni.

Oltre questa scoperta, il buio. Le risposte ottenute dalla ricerca mi hanno confermato che il quadro è tragico per il sistema bancario tradizionale. Chissà se le banche tradizionali si porranno mai domande in merito ai cambiamenti nelle abitudini dei consumi post pandemia?

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