Per ogni investimento e riforma le sfide da affrontare, gli obiettivi e come si intende attuarli, i costi, le categorie e gli enti coinvolti e il cronoprogramma da rispettare per l’attuazione finale e gli step intermedi. Ma anche la valutazione sul rispetto del principio “Do not significant harm”, cioè “Non provocare danni significativi” all’ambiente. E l’analisi costi-benefici di tutte le opere infrastrutturali. C’è tutto questo nella versione estesa del Piano di ripresa e resilienza italiano, inviata a Bruxelles dal governo Draghi il 30 aprile e girata oggi al Parlamento (ma ancora non disponibile, alle 17 del 7 maggio, sul sito del governo). Oltre alle 269 pagine con la descrizione sintetica degli interventi comprende schede progetto dettagliate e cartine illustrative dei collegamenti stradali e ferroviari da finanziare con i fondi europei. Il tomo completo raggiunge le 2.487 pagine.

Nel primo allegato tecnico viene descritta nel dettaglio la struttura di governance, uno degli aspetti finiti tra dicembre e gennaio al centro dello scontro che ha portato alla caduta del governo Conte: l’attuazione spetterà alle amministrazioni centrali e locali in base alle rispettive competenze, il coordinamento sarà al ministero dell’Economia e a Palazzo Chigi sarà creata una control room con il potere, tra il resto, di chiedere l’esautorazione degli enti in ritardo sulla tabella di marcia.

La valutazione sul rispetto del “do not significant harm” – Tra le novità degli allegati c’è la valutazione dettagliata – come richiesto dalla Commissione – del possibile impatto ambientale di ogni intervento: visto che la transizione ecologica insieme a quella digitale è il pilastro del Next Generation Eu, le linee guida europee impongono a tutti i Paesi membri di dimostrare che le riforme e gli investimenti inseriti nel loro piano non hanno impatti sugli obiettivi ambientali oppure contribuiscono in modo positivo.

Nel 2021 progetti per 13,8 miliardi – Tutti i progetti inclusi nel Piano devono essere conclusi entro il 31 agosto 2026. La maxi tabella con l’andamento della spesa per ogni progetto anno per anno rivela che gli interventi da attuare nel 2021 valgono in tutto 13,8 miliardi mentre 1,6 miliardi andranno a rimborso di investimenti già avviati nel 2020, come consentito dalla Commissione. Agli incentivi Transizione 4.0 andrebbero in particolare 1,7 miliardi sugli oltre 18 complessivi previsti nell’arco del piano e al rifinanziamento del Fondo Simest per rafforzare la solidità patrimoniale delle imprese 1,2 miliardi (che corrispondono all’intera cifra prevista nel periodo di operatività del Piano). Seguono 1,1 miliardi per interventi per la resilienza, valorizzazione del territorio ed efficienza energetica dei Comuni. Per questa voce sono previsti anche 450 milioni a rimborso di spese sostenute l’anno scorso. Il prefinanziamento che l’Italia otterrà tra fine estate e l’inizio dell’autunno dovrebbe superare i 20 miliardi tra Recovery and resilience facility e fondo React Eu.

La governance tra Tesoro e Chigi – Nell’allegato tecnico su implementazione, monitoraggio, controllo e audit il governo Draghi conferma che il coordinamento centrale del Pnrr sarà al ministero dell’Economia. La struttura di coordinamento riceverà i report dalle amministrazioni responsabili delle singole misure e, al raggiungimento dei target e degli obiettivi intermedi previsti, invierà alla Commissione le richieste di pagamento. Non prima di aver controllato che i fondi siano stati spesi per lo scopo previsto, che le informazioni siano attendibili e accurate e ci siano le necessarie garanzie dal punto di vista della prevenzione dei conflitti di interesse e di frodi e corruzione. La “messa a terra” sarà affidata in prima battura alle strutture tecniche e amministrative già esistenti, a livello centrale e locale, per consentire una partenza rapida. Ma, visti i precedenti non lusinghieri sul fronte della spesa dei fondi europei strutturali, sono previste anche “misure straordinarie di rafforzamento” degli staff, semplificazioni normative, interventi di sburocratizzazione e strumenti di supporto tecnico.

A fianco della struttura tecnica al Mef, la governance comprenderà una “control room” presso la presidenza del Consiglio, con il compito di verificare il progresso del piano, assicurare la cooperazione con i partner economici, sociali e territoriali, tenere i rapporti con le amministrazioni responsabili in caso di criticità e proporre l’attivazione dei poteri sostitutivi e delle modifiche regolatorie necessarie per una attuazione più efficace. La struttura e composizione di questa control room saranno definite in un decreto di prossima approvazione.

All’Ispettorato Generale per i Rapporti Finanziari con l’Unione Europea, un ufficio della Ragioneria generale dello Stato, verrà poi istituito un organismo di audit ad hoc responsabile di monitorare il sistema di verifica interno e proteggere gli interessi dell’Unione, prevenendo e identificando i casi di frode, corruzione e conflitto di interessi. Per rafforzare le attività di verifica sull’uso dei fondi saranno anche firmati protocolli di intesa con la Finanza e autorità indipendenti come l’Anac.

Le modifiche rispetto al documento consegnato alla Camera – La versione estesa dà la conferma del fatto che il Pnrr è stato modificato tra la presentazione di Draghi a Camera e Senato, il 25 e 26 aprile, e l’invio a Bruxelles. Il grafico con la ripartizione dei 191,5 miliardi di Recovery and resilience facility tra le sei missioni mostra che la missione Digitalizzazione e innovazione è stata lievemente depotenziata, passando da da 40,73 a 40,32 miliardi, in favore della missione Infrastrutture, che è lievitata da 25,13 a 25,4 miliardi, e di quella dedicata a Rivoluzione verde e transizione ecologica la cui dote sale da 59,3 a 59,47 miliardi.

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