Il 21 settembre di quest’anno si celebra il quarantennale de La voce del padrone, il disco di Franco Battiato. Parliamo di un album realmente epocale. In Italia fu il primo a superare il milione di copie vendute. Va da sé che Universal Music Italia, in concomitanza con il 76esimo compleanno dell’artista (23 marzo), non si sia lasciata scappare l’opportunità di anticiparne le celebrazioni.

Nell’ordine sono state pubblicate una serie di chicche da lasciare senza fiato:

a) un remix dell’album in versione deluxe vinile colorato più CD, a tiratura limitata di 1981 copie;

b) il vinile colorato del remix (tiratura limitata di 500 copie);

c) la ristampa della versione originale rimasterizzata a partire dai nastri originali (tiratura limitata di 500 copie);

d) la ristampa del 45 giri estratto dall’album, con Bandiera biancae Summer On a Solitary Beach (tiratura limitata di 300 copie).

Il tutto con grafiche rinnovate a cura di Francesco Messina e foto inedite dalle sessioni originarie fornite da Roberto Masotti.

Ecco, dopo questo lungo preambolo, proverò, nei consueti nove punti di questo blog – che proprio nel maggio 2021 compie dieci anni – a svelare alcune curiosità legate al capolavoro manifesto del compositore siciliano.

1. Conoscete Pino “Pinaxa” Pischetola? Parliamo di uno dei top engineer del nostro Paese. Dal 1998 Pino è il braccio destro di Battiato: registrazione e produzione sono una sua responsabilità fin dai tempi di Gommalacca (altro capolavoro), datato 1998. Ebbene, Pinaxa è riuscito a rendere l’ascolto dell’album qualcosa di unico, usufruendo della tecnica del Dolby Atmos. Il tutto per un remix dell’album che in realtà risale a qualche anno addietro, al 2015.

Franco e Pinaxa lavorano al cofanetto antologico Anthology Le nostre anime, nel quale vennero inseriti i sette brani che componevano il disco del 1981. “All’epoca – dice Pinaxa – abbiamo pensato di mettere in luce tutta una serie di particolari. Franco decise di approfittare dell’occasione per cambiare alcune cosette che non lo convincevano del tutto”.

2. Sarà anche così ma le tracce inserite in quel box risuonano, e qui voglio essere gentile, diverse. L’intero cofanetto vede delle rivisitazioni alquanto discutibili; materiale giustificabile solo per fans incalliti. Ma io dico, perché andare a toccare capolavori di tale portata? Passi la ristrutturazione sonora ma modificare musicalmente quelle canzoni è quanto di più sacrilego si possa aver pensato di fare.

3. Ma proviamo a rasserenarci, recuperando la storia connessa a La voce del padrone. L’album è stato registrato nello studio di Alberto Radius con un gruppo di lavoro decisamente consolidato: Giusto Pio, Filippo Destrieri e lo stesso Radius formano la base intorno alla quale ruotano Donato Scolese al Vibrafono (già visto peraltro nella tournèe de L’era del Cinghiale Bianco Tour) e la nuova sezione ritmica formata da Alfredo Golino alla batteria e Paolo Donnarumma al basso.

4. All’indomani della pubblicazione, sebbene l’hype intorno al cantante fosse rilevante, quei brani non scaldarono gli entusiasmi; parliamo di vendite di poco superiori a quelle di Patriots (uscito nel 1980) ma poi lentamente il successo cominciò – inesorabile – la scalata, fino a raggiungere una clamorosa esplosione nella primavera del 1982. Saranno, infatti, battuti tutti i record: più di un anno in classifica e 18 settimane – anche se non consecutive – al primo posto.

5. Quando il 27 settembre del 1981, a Venezia, nell’ambito della mostra internazionale della musica leggera, Battiato si presenta sul palco, ancora in pochi sono a conoscenza di quella pubblicazione. Dietro ad un leggio, insieme a Giusto Pio, esegue Bandiera Bianca; a fare da sfondo i Madrigalisti di Milano, vestiti da gondolieri. La declamazione di quei versi, neanche a dirlo, è una dichiarazione di intenti. L’anno seguente, durante l’estate del 1982 i brani girano continuamente per radio e nei juke box. E’ l’estate dell’Italia di calcio campione del mondo. E’ l’estate del caldo record. Franco, a settembre, tornerà a Venezia per ritirare l’ambito premio della gondola d’oro.

6. La Voce del Padrone mette ulteriormente a fuoco “la contaminazione stilistica” ampiamente presente nei due dischi precedenti (L’Era del Cinghiale Bianco – 1979 e Patriots – 1980 ambedue per Emi), e la pone all’interno di una costruzione narrativa i cui precetti includono norme ineludibili: dissacrazione, ironia, cultura. Se non lo avete ancora capito, stiamo parlando di un prodotto musicalmente ricercato, al contempo di facile lettura, al punto da riuscire a divenire di “grande” consumo, addirittura ballabile! Il connubio tra canzone d’autore con quella leggera è compiuto.

7. Vogliamo approfondire velocemente i testi? Ma sono assolutamente postmoderni! Al punto da riuscire a creare un vocabolario nuovo, capace di rivoluzionare l’idioma esistente: slogan, cut-up emozionali, inconfutabili verità celate sotto forma di mere banalità e chi più ne ha più ne metta! Forse la frammentazione di cui comincia ad essere vittima la lingua del futuro parte anche da qui?

8. Per comprendere appieno quei versi, occorre attingere a differenti piani di lettura: i continui salti, i rimandi da un concetto all’altro, servono a scardinare il pensiero comune, discostandosi dall’ordinarietà del dogma come forma canzone. Battiato attinge ai principi di Gourdjief: la mente assopita dell’ ascoltatore riceve una scossa in grado di provocarne il risveglio, aprendo la strada dell’autonomia di pensiero.

9. Un’ultima curiosità. Nelle balere di una volta ai pezzi ballabili seguiva sistematicamente un lento, ciò consentiva agli avventori di consumare al bar. Ebbene, Battiato se ne ricorda (il tema della balera, le atmosfere, torneranno più volte nelle sue canzoni future) e dispone le songs dell’album proprio secondo questa logica. L’anima del disco si riflette nei pezzi cosiddetti “ballabili” sebbene i lenti, meno legati ai giochi linguistici […] invitano a riflettere (consiglio caldamente la lettura di “Soprattutto il Silenzio” di Annino La Posta – Ed. Giunti, al quale ho attinto in alcuni passaggi per scrivere questo articolo).

Come detto, sono differenti i piani di lettura del disco ma per questioni di tempo non mi è possibile andare oltre, termino dicendo che ancora oggi mi tocca sentire alcuni miscredenti sproloquiare sull’opera di Franco Battiato. A loro voglio dire: “A Beethoven e Sinatra preferisco l’insalata, a Vivaldi l’uva passa che mi dà più calorie”.

Vi lascio con la consueta playlist di nove brani dedicata – per l’occasione – all’opera di Franco Battiato. La potete ascoltare gratuitamente sul mio canale Spotify, al link sottostante.

Buon ascolto.

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