Prima era dedicato esclusivamente agli under 55, perché mancavano dati clinici completi sulle fasce più anziane. Poi la soglia è stata innalzata a 65 anni, c’è stato lo stop europeo necessario per fare accertamenti sulle trombosi rare e alla fine è scattata l’autorizzazione solo per gli over 60. Praticamente il contrario rispetto alla prima indicazione. Ma ora, per la quarta volta nel giro di pochi mesi, le regole sulla somministrazione del vaccino Astrazeneca rischiano di cambiare di nuovo. Andando a complicare una matassa già di per sé aggrovigliata, tra scarsa fiducia dei cittadini sul siero, comunicazione istituzionale praticamente assente e contenziosi dell’Ue con la casa farmaceutica per i ritardi nelle consegne. La novità arriva dal commissario all’emergenza Francesco Paolo Figliuolo, secondo cui, stando alle evidenze sul campo e ai risultati in Regno Unito, adesso si può pensare di estendere l’uso di Astrazeneca alla “classe di età inferiore ai 60 anni“. Un modo per rispettare la tabella di marcia del Piano vaccini ed evitare che in estate milioni di fiale rimangano accatastate nei magazzini. Valutazioni sono già in corso tra gli scienziati dell’Aifa, dell’Istituto superiore di sanità e del Css presieduto da Franco Locatelli. In caso di via libera, però, sarebbe un unicum tra i più grandi Paesi del Continente, visto che nessuno, almeno per ora, sembra intenzionato a seguire la strada italiana. Anzi, secondo Reuters Londra starebbe addirittura pensando di stringere ulteriormente le maglie su Astrazeneca.

Perché questo ennesimo cambio di rotta? La risposta è nelle pieghe della campagna vaccinale italiana: tra maggio e giugno sono attesi circa 6 milioni di vaccini da Astrazeneca, di cui 2 milioni già nei magazzini delle Regioni. Saranno destinati in parte ai richiami, dal momento che ormai sono trascorsi quasi tre mesi dalle prime iniezioni. Il problema è cosa fare con il resto: stando ai dati del ministero della Salute aggiornati al 4 maggio, il 65% dei 70-79enni (circa 3,9 milioni di persone su 6) ha ricevuto almeno una dose, mentre tra i 60-69 la percentuale scende al 36% (2,6 milioni su 7,3 totali). È questa la platea a cui è destinato in via preferenziale il farmaco dell’azienda anglo-svedese, al netto di cittadini che rifiutano l’iniezione o sono irreperibili e pazienti fragili a cui vanno invece i vaccini a mRna (Pfizer o Moderna). Per quanto riguarda gli over 80, invece, il generale Figliuolo punta a chiudere la partita entro maggio, visto che quasi 9 anziani su 10 hanno già ricevuto una dose e il 70% ha completato l’intero ciclo vaccinale.

Il timore, quindi, è che nelle prossime settimane si faccia sempre più fatica a smaltire le dosi in giacenza. Un quadro che potrebbe diventare drammatico durante l’estate, quando il nostro Paese sarà letteralmente invaso dai vaccini prodotti da Astrazeneca. Come si legge nell’ultima tabella delle forniture (aggiornata al 23 aprile), se nel primo trimestre sono arrivate 4 milioni di dosi e nel secondo se ne prevedono circa 10, tra luglio e settembre ne arriveranno addirittura 26 milioni. Tolta la quota da accantonare per i richiami, insomma, se il limite degli over 60 non dovesse essere rivisto si rischia di lasciare nei magazzini milioni di fiale. E rallentare la campagna di massa che per il commissario Figliuolo porterà ad avere il “60% degli italiani vaccinati entro metà luglio“. Un target che resta comunque lontano con l’attuale ritmo di inoculazioni: dopo la fiammata di oltre 500mila dosi in 24 ore registrata il 29 e 30 aprile – proprio in quei giorni “cadeva” l’ultima promessa del generale – ci si è stabilizzati infatti a quota 380-400mila. Colpa di alcune Regioni (Friuli Venezia Giulia, Umbria, Trentino, Sardegna) che vanno avanti con il freno a mano tirato, ma anche dei soliti ritardi nelle forniture (uno sprint potrebbe arrivare dopo le dosi arrivate negli ultimi due giorni).

Da qui l’ipotesi di allargare nuovamente la platea delle persone a cui destinare Astrazeneca. E magari anche Johnson&Johnson. “I vaccini vanno impiegati tutti”, ha ribadito in queste ore il commissario all’emergenza, spalleggiato dal capo della Protezione civile Fabrizio Curcio. Anche perché gli “effetti collaterali” osservati sul campo, spiega, sono “infinitesimali“. Un assist è arrivato dal presidente dell’Aifa Giorgio Palù: “Non c’è mai stato un divieto” su Astrazeneca, ha ricordato l’esperto in un’intervista al Corriere. “Ema non ha posto restrizioni per età, mentre Aifa ha solo dato un’indicazione per uso preferenziale agli over 60. Il suggerimento è stato interpretato come regola, ma non è così“. Palù non sembra temere una nuova ondata di rinunce da parte dei cittadini, qualora il governo dovesse cambiare ancora una volta registro sul siero. Anzi: l’Aifa ora punta a “specificare” meglio la questione “ed evitare che per una irragionevole valutazione del rischio molti saltino gli appuntamenti e perdano opportunità di proteggere sé e gli altri”. Figliuolo, che nei giorni scorsi ha scelto come nuovo consulente per la campagna vaccinale l’ex direttore Ema Guido Rasi, cita anche l’esperienza del Regno Unito per giustificare la nuova linea dell’esecutivo: “È un discorso che gli scienziati stanno valutando anche sulla base degli studi più avanzati che ci sono in Gran Bretagna, dove hanno finora utilizzato 21 milioni di vaccini Astrazeneca“. L’avvertimento del commissario è che, “se non impieghiamo tutti i vaccini, il ritmo della campagna non raggiungerà i risultati e gli effetti voluti nei tempi prefigurati“.

Eppure le cose in Uk non stanno proprio così. A inizio aprile l’autorità britannica del farmaco (Mhra) ha raccomandato di somministrare agli under 30 un vaccino alternativo rispetto ad Astrazeneca (quindi Pfizer o Moderna) a causa del raro rischio di coaguli di sangue. La decisione è arrivata lo stesso giorno in cui l’Ema ha concluso che i “coaguli di sangue combinati con bassi livelli di piastrine” sono un “possibile effetto collaterale molto raro” del siero, al netto di un rapporto benefici-rischi che resta nettamente a favore dell’inoculazione. Da allora la linea del governo britannico non è cambiata. Anzi. Come riporta Reuters, le istituzioni sanitarie stanno valutando per precauzione di innalzare la soglia agli under 40. E negli altri Paesi? La situazione è rimasta pressoché invariata rispetto alle scorse settimane. In Germania il Comitato sui vaccini del Robert Koch Institut raccomanda sempre di somministrare Astrazeneca solo agli over 60 (come in Italia) e non si sta discutendo di eventuali retromarce. Qui il richiamo ai giovani che hanno già ricevuto la prima dose sarà fatto con Pfizer o Moderna. Stessa cosa in Francia, dove l’asticella è fissata agli over 55, mentre in Spagna la discussione riguarda la seconda dose piuttosto che la platea a cui somministrarlo (60-69enni): il governo ha infatti deciso di prendere tempo per capire se procedere con Pfizer o Moderna, ritardando a 16 settimane il richiamo (il limite Ue è fissato a 12).

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In Friuli non ci si vaccina: non ha aderito il 40% dei 60-69enni, tra i più giovani solo 15mila prenotati. “Il problema non sono le dosi”

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L’Asl di Matera organizza la Astranight: dosi di Astrazeneca dalle 22 alle 6 per i 60-79enni

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