Gli eccessi resi pubblici dalle star e il riverbero sociale delle loro dichiarazioni. Come un circolo, sempre lo stesso, nel quale si cade e che, ogni volta, si chiude con polveroni e polemiche. È quanto succede in Spagna dopo l’attesa intervista, ma dovremmo dire esibizione, rilasciata in due puntate al giornalista catalano Jordi Évole da un Miguel Bosé quasi afono e con gli occhi cerchiati di kajal.

Più che la posizione negazionista sul Covid – molte volte affermata tanto che il cantante si era spinto a convocare manifestazioni anti-sistema nel centro di Madrid senza parteciparvi direttamente – ha sorpreso la sua confessione sul largo uso negli anni di sostanze stupefacenti. Parte della stampa si è chiesta se sia corretto dare spazio a confessioni così intime su condotte di vita smodate, soprattutto se riguardano uno degli artisti più iconici del paese.

“Los años salvajes” finiscono sotto la lente di ingrandimento e vengono giù similitudini con gli artisti “maledetti” che fecero la Beat Generation, con gli abusi alcoolici dei grandi in letteratura, Hemingway e Bukowski su tutti, con lo sballo vitale delle stelle del rock. Una polemica che si ripete ciclicamente, anche in Italia.

Un tempo era Vasco Rossi l’immagine stessa della trasgressione, ma anche un provocatore capace di agitare il pensiero perbenista sulle politiche da adottare per il contrasto alle droghe. Sono rimaste nella memoria collettiva le sue polemiche con i vertici della comunità di San Patrignano o le prese di posizione con l’ultraconservatore Giovanardi, il quale interpretava il cambio di passo, invocato dal rocker di Zocca, in favore della legalizzazione come una svolta per una generalizzata “liberalizzazione”.

Oggi la carriera musicale di Bosé ha poco altro da dire, il cantante è oramai un opinion leader, fa notizia ogni suo commento, ogni suo silenzio. Erano sei anni che non rilasciava interviste ad un programma spagnolo e quell’assenza aveva alimentato mistero e curiosità attorno al personaggio.

Frequenti sono le sue prese di posizione contro lo status quo, esternazioni nelle quali mette in risalto il progressivo distacco dalle posizioni del Psoe e di Podemos, un tempo suoi riferimenti politici. In uno degli ultimi passaggi televisivi prima del ritorno in tv con Jordi Évole, ricordava ai conduttori Alaska e Santiago Segura, due punti fermi della musica e del cinema iberico, la sua passione politica per i socialisti nel periodo post franchista e il primordiale avvicinamento, negli anni ’70, al partito Radicale di Marco Pannella.

In queste settimane prevale il biasimo di chi lo accusa di essere un “cattivo maestro”: non facile incarnare tale figura in un paese che è da sempre tollerante con il “vizio”, per uso di tabacco e alcool e per consumo di sostanze. È ben noto che la Spagna sia un vero hub del traffico internazionale di droghe, con l’hashish dal Maghreb, la coca dall’America Latina e la diffusa produzione interna di marihuana.

Sovviene quanto diceva il poeta Edoardo Sanguineti: “Sarei tentato di dire che non esistono cattivi maestri, ma solo cattivi scolari”.

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