Dopo la “vittoria di Pirro” di Mediaset sul mancato acquisto di Premium, è Vivendi a incassare un punto a proprio favore nella battaglia giudiziaria con il Biscione. Il Tribunale Civile di Milano, il 22 aprile, ha infatti annullato una delibera sui compensi dei vertici, adottata dall’assemblea di Mediaset il 27 giugno 2018 accogliendo le richieste della Simon fiduciaria, il veicolo in cui il gruppo francese ha dovuto congelare due terzi della sua partecipazione (il 19,19%) per effetto della Legge Gasparri. Non solo: secondo il Tribunale, alla luce della sentenza della Corte di Giustizia Europea che ha bocciato la Legge Gasparri va disapplicato con effetto retroattivo l’articolo in base al quale la Fiduciaria non è stata ammessa a partecipare all’assise. Secondo la giudice Amina Simonetti, la stessa che nel 2018 aveva sancito che la Fiduciaria collegata a Vivendi non poteva votare in assemblea, la decisione della Corte Ue “travolge tutti gli atti compiuti nel periodo della sua vigenza tra cui l’esclusione dal voto di Simon Fiduciaria”.

Le altre delibere assembleari di Mediaset impugnate da Simon Fiduciaria sono quelle relative alle modifiche statutarie con l’introduzione del voto maggiorato – votate nell’assemblea dell’aprile 2019 – e quelle legate allo spostamento in Olanda del gruppo e alla creazione di MediaForEurope. Spostamento che è stato bloccato da Vivendi con una serie di iniziative giudiziarie e quindi sospeso. Dopo la decisione, è probabile che la causa che ha riunito queste due impugnazioni termini con un accoglimento dei ricorsi di Simon Fiduciaria da parte dei giudici milanesi e l’annullamento delle delibere dell’assemblea di Mediaset. Delibere che potranno tuttavia essere riproposte e rivotate nell’assemblea del 23 giugno, dedicata all’approvazione del bilancio e a rinnovare gli organi sociali. Appuntamento in cui Vivendi si presenterà con tutto il suo pacchetto, pari al 28,8% del capitale, con annessi diritti di voto, sempre se l’Agcom non si opporrà e se non ci saranno significativi passi avanti sul piano penale.

Resta ancora da capire, infatti, come evolverà la vicenda che vede indagati l’imprenditore francese Vincent Bollorè e l’ex numero uno di Vivendi Arnaud de Puyfontaine per aggiotaggio per il tentativo di scalata di Vivendi sul gruppo di Cologno. Chiuse le indagini da qualche mese, al momento non ci sono notizie su eventuali rinvii a giudizio, ma da qui a giugno la situazione potrebbe mutare.

Da Vivendi attraverso un portavoce viene invece espressa soddisfazione. Allo stesso modo è stata accolta all’inizio della settimana la pronuncia con la quale il Tribunale civile di Milano ha condannato i francesi a un mini-risarcimento al gruppo televisivo italiano per il mancato acquisto della pay tv Premium: soltanto 1,7 milioni rispetto ai 3 miliardi richiesto da Mediaset. Ma la società televisiva della famiglia Berlusconi è andata incontro nel contempo a una sconfitta più cocente dato che i giudici hanno ritenuto nella stessa occasione non illegittimo, né atto di concorrenza sleale, il tentativo di scalata portato avanti da Bolloré alla fine del 2016 dopo aver strappato gli accordi per Premium.

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