Il consiglio di amministrazione di Mediaset impedisce a Vivendi di votare in assemblea. Estromessi dal più rilevante diritto in mano ad un socio, i francesi decidono di non partecipare all’assise e la Fininvest della famiglia Berlusconi ne approfitta per blindare ulteriormente la società. Passa infatti senza ostacoli la proposta di modificare lo statuto introducendo il voto maggiorato che attribuisce agli azionisti di lungo periodo un peso doppio nelle votazioni. Si è espresso infatti a favore della modifica il 47,1% del capitale, cioè Fininvest (44,17%) e probabilmente Mediaset che ha in pancia il 3,73% di azioni proprie. L’assemblea ha inoltre rinnovato la delega al cda per un piano di riacquisto azioni proprie fino al 10% del capitale del gruppo. Tutto è filato liscio secondo i piani della famiglia Berlusconi.

Ma i francesi se la sono legata al dito e hanno promesso di dare battaglia in tribunale: “La decisione del consiglio di Mediaset (di non far votare Vivendi) è contraria ai principi elementari della democrazia degli azionisti. È al tempo stesso illegale e va contro gli interessi di Mediaset e, in particolare, degli azionisti di minoranza”, ha lamentato Vivendi in una nota diffusa mentre l’assemblea era ancora in corso. “Vivendi si riserva il diritto di contestare la validità delle risoluzioni adottate oggi davanti alla magistratura”, si legge ancora nella nota. Per Mediaset invece le cose stanno diversamente: “Per noi la nullità vale su tutto il 30%, quindi (i francesi) non hanno diritto di voto”, ha spiegato l’amministratore delegato Pier Silvio Berlusconi precisando che “potevano entrare in assemblea, però hanno deciso di non farlo”.

Se qualcuno insomma sperava che la tregua voluta da Vivendi in Telecom potesse anticipare un cessate il fuoco anche su Mediaset, si sbagliava di grosso. Del resto sul punto il presidente di Fininvest, Marina Berlusconi, è stata chiara già nella giornata antecedente l’assemblea: Vincent Bolloré, alla cui famiglia fa capo il gruppo Vivendi, è “il classico vicino che nessuno vorrebbe avere”. Soprattutto quando in ballo c’è la creazione e il controllo di un gruppo media paneuropeo: “Il progetto è allo studio dei vertici dei principali broadcaster europei, sia pure ancora sotto forme e modalità diverse”, ha precisato il presidente Fedele Confalonieri che ha evidenziato come il gruppo abbia intenzione di entrare in una logica sovranazionale “con grande determinazione” e “con un progetto industriale vero, convincente e non avventurista”. Per questo Mediaset, che ha chiuso il 2018 con oltre 3 miliardi di ricavi e 471 milioni di utili, ha deciso di lasciare in azienda i profitti per rafforzare “la struttura patrimoniale e finanziaria del gruppo, nonché avere le risorse adeguate per cogliere tutte le opportunità di mercato in ambito internazionale”, come ha precisato la società che tuttavia si è riservata di rivedere la decisione nella riunione del prossimo 25 luglio. Positiva la reazione del titolo Mediaset in Borsa (+3,6%), mentre ha perso terreno Telecom (-1,5%) proseguendo un trend negativo avviato già nei giorni scorsi. Segno che gli investitori sono preoccupati del fatto che lo scontro in atto fra la famiglia Berlusconi e il finanziare Vincent Bolloré possa segnare anche l’inizio di una nuova fase di stallo su Telecom.

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