In una rara ammissione di debolezza da parte delle autorità cinesi, Gao Fu, a capo del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie della Cina, ha spiegato che l’efficacia dei vaccini cinesi contro il Covid è bassa, annunciando così che il governo sta valutando la possibilità di mixarne diversi per potenziarli. I vaccini cinesi “non hanno tassi di protezione molto elevati”, ha spiegato Gao nel corso di una conferenza stampa nella città di Chengdu come riporta Associated Press.

“È ora sotto esame formale la possibilità di utilizzare vaccini diversi per il processo di immunizzazione”, ha aggiunto. Il tasso di efficacia di Sinovac, vaccino cinese, nella prevenzione dei contagi è attestato, da ricercatori brasiliani, fino al 50,4%. In confronto, il vaccino prodotto da Pfizer è risultato efficace al 97%. A oggi Pechino non ha ancora approvato alcun vaccino straniero da utilizzare in Cina. Gao non ha fornito dettagli sui possibili cambiamenti nella strategia, ma ha menzionato l’mRNA, una tecnica precedentemente sperimentale utilizzata dagli sviluppatori di vaccini occidentali mentre i produttori di farmaci cinesi utilizzavano la tecnologia tradizionale ovvero usando il virus depotenziato. Tutti dovrebbero considerare i benefici che i vaccini a mRNA possono portare all’umanità – ha detto Gao – Dobbiamo seguirlo attentamente e non ignorarlo solo perché abbiamo già diversi tipi di vaccini”. Fino a venerdì scorso in tutta la Cina sono state somministrate più di 161,12 milioni di dosi di vaccini anti Covid-19.

“Si tratta di una ammissione onesta e per certi versi attesa – dice il virologo Massimo Clementi, ordinario dell’Università San Raffaele -. Che i risultati dei due vaccini cinesi in questione fossero meno brillanti dei due vaccini a mRNA di cui disponiamo oggi era abbastanza noto. A mio avviso, questa dichiarazione (molto probabilmente condivisa con il governo) va intesa come un desiderio alla collaborazione con il mondo scientifico occidentale in prospettiva futura. E questo è molto positivo”.

I vaccini cinesi Sinopharm e CoronaVac (Sinovac) sono alla fase finale di valutazione da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e tra il 26 aprile e il 3 maggio prossimo dovrebbe essere presa una “decisione finale”. Rogerio Pinto de Sa Gaspar, direttore del dipartimento di regolamentazione e pre-qualificazione, qualche giorno fa aveva dichiarato: “Abbiamo convocato il gruppo consultivo di tecnici per la valutazione dei vaccini per il 26 aprile prossimo”, aggiungendo che “almeno uno dei due” potrebbe essere valutato già in quella data. I vaccini cinesi sono stati già esportati e approvati in alcuni paesi, come Brasile, Argentina e Pakistan, e anche in Europa. Lo scorso 6 aprile, per esempio, il presidente serbo Aleksandar Vucic ha ricevuto un’iniezione di Sinopharm. A fine marzo l’agenzia Bloomberg aveva riportato la notizia che la CanSino Biologics Inc era in trattative con alcuni Paesi europei per cedere il suo vaccino anti Covid-19. L’Ungheria ha concesso l’autorizzazione per l’uso di emergenza per l’inoculazione. La Cina a fine marzo stava fornendo i vaccini a 80 Paesi e tre organizzazioni internazionali, esportandoli in più di 40 Stati e cooperando con più di 10 nazioni nell’ambito di ricerca, sviluppo e produzione. Adesso l’ammissione della bassa efficacia potrebbero comportare un serio problema per le campagne vaccinali di alcuni paesi.

“La tecnologia dei vaccini inattivati effettivamente avevamo visto che dava un valore del 50% di protezione rispetto a valori molto più alti abbondantemente sopra il 90% dei vaccini a Rna – commenta il virologo Fabrizio Pregliasco -. Credo che questo aspetto vada visto in un’ottica prospettica e quindi di un utilizzo che potrà essere revisionato con i successivi richiami con la tecnologia Rna che sembra rispetto ad altre che nel prossimo futuro sarà la principale. Dobbiamo tener presente e conto che ci dovranno essere vaccinazioni di richiamo con per l’influenza. A oggi stiamo da 6 a 8/9 mesi la durata dell’immunità e quindi soprattutto per i soggetti fragili i richiami con dosi vaccino che possano tener conto delle varianti che ci saranno e continueranno a esserci. Anzi quando il virus si troverà in difficoltà perché la gran parte della popolazione non sarà suscettibile produrrà varianti che possono sfuggire al sistema immunitario”.

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