Un piano di investimenti da 2mila miliardi di dollari, “unico in una generazione”, che vuole modernizzare le infrastrutture fisiche d’America, creando “la più resiliente e innovativa economia del mondo”. Lo ha presentato Joe Biden mercoledì pomeriggio, durante la visita a un centro di addestramento per falegnami fuori Pittsburgh (da qui, due anni fa, era partita la sua avventura presidenziale). Il piano, chiamato American Jobs Plan, mira a ricostruire 20mila miglia di strade americane e prevede una serie di misure per affrontare la crisi climatica, attenuare le diseguaglianze e rafforzare la competitività americana nel mondo. Il riferimento più immediato, che Biden stesso ha sottolineato, è con i grandi progetti di trasformazione progressista del Novecento: il New Deal di Franklin D. Roosevelt e la Great Society di Lyndon B. Johnson. Puntuale e prevista è arrivata l’opposizione di repubblicani e mondo degli affari americano. Biden pensa infatti di finanziare il progetto ricorrendo a un consistente aumento delle tasse alle imprese.

“Non è un piano che si limita a qualche ritocco superficiale”, ha detto il presidente. “È un investimento potente sull’America, che non è più stato fatto dai tempi della costruzione del sistema di Interstate Highways e della corsa nello spazio”. Gli investimenti dovrebbero distribuirsi su un periodo di otto anni e “produrre milioni di nuovi posti di lavoro”, ha spiegato Biden. A questo progetto, che punta a rivoluzionare le infrastrutture fisiche d’America, ne dovrebbe seguire nel giro di qualche settimana un altro, sempre del valore di 2mila miliardi di dollari, focalizzato sulle “infrastrutture umane”: sanità, educazione, congedi parentali, assistenza per i minori. Quattromila miliardi complessivi quindi, che sono anche una scommessa sulla capacità del governo di orientare le dinamiche economiche e i processi di trasformazione sociale. Un documento della Casa Bianca, preparato per l’occasione, spiega che “come i grandi progetti del passato, il piano del presidente vuole riunire il Paese in vista delle grandi sfide del nostro tempo, come la crisi climatica e le ambizioni di un’autocratica Cina”.

COSA C’È NEL PIANO – Prima della visita di Biden a Pittsburgh, la Casa Bianca aveva pubblicato alcune pagine che riassumono i dettagli di spesa. Gli investimenti appaiono concentrati sulle infrastrutture (trasporti, banda larga, rete elettrica), ma puntano anche a ridare slancio ai settori industriali più legati all’innovazione, a favorire la transizione energetica, modernizzare le scuole, migliorare l’assistenza per anziani e disabili. In particolare, ci saranno 115 miliardi di dollari per l’ammodernamento di strade e ponti, 85 miliardi per il sistema di trasporto pubblico e 80 miliardi per Amtrak e ferrovie. Altri 42 miliardi saranno destinati a porti e aeroporti, 100 miliardi allo sviluppo della banda larga e 111 miliardi al rifacimento del sistema idrico (di questi, 45 miliardi andranno all’eliminazione del piombo dai condotti dell’acqua). Inoltre, 300 miliardi saranno stanziati per lo sviluppo di settori industriali avanzati, ad esempio quello farmaceutico (con lo stoccaggio di medicinali in vista di future, possibili pandemie). Circa 400 miliardi andranno a finanziare piani di assistenza per anziani e disabili, migliorando mansioni e salari per milioni di lavoratori sottopagati (sono di solito donne afro-americane e ispanici).

Un capitolo del piano riguarda il clima e la riconversione energetica: 180 miliardi saranno destinati alla ricerca tecnologica. Stanziati anche 174 miliardi per incoraggiare la produzione e l’acquisto di auto elettriche e altri 100 miliardi per modernizzare la rete elettrica, rendendo anche obbligatorio per gli Stati ricorrere a percentuali fisse di energia elettrica prodotta da fonti eoliche e solari (ma per questo ci vorrà una legge apposita del Congresso). Il 20% della flotta di bus gialli che portano i ragazzi a scuola sarà costituita da veicoli elettrici e il governo federale avrà a disposizione altri 46 miliardi per rendere ecologicamente compatibile i propri mezzi di trasporto. Altri 50 miliardi saranno dedicati “a migliorare la resilienza delle infrastrutture”: in altre parole, si cercherà di mettere in sicurezza quelle comunità, spesso abitate dalle minoranze, che soffrono per le emissioni inquinanti delle industrie, per la cattiva qualità dell’acqua, per incendi e allagamenti.

COME SI PAGA IL PIANO – È la parte più controversa, quella che solleva le critiche di repubblicani e mondo degli affari. Biden prevede di aumentare la corporate tax dal 21% al 28% (era stato Donald Trump a portarla al 21% dal precedente 35%), costringendo le multinazionali americane a pagare più tasse per profitti generati all’estero. L’obiettivo è raccogliere 1.000 miliardi di dollari in nuove imposte nei prossimi 15 anni. Il resto del piano dovrebbe essere finanziato attraverso la creazione di lavoro. Il progetto è stato accolto con entusiasmo da molti democratici. “È un investimento visionario nel popolo americano”, ha detto Nancy Pelosi, la leader della Camera che vorrebbe votare la misura entro la data simbolica del 4 luglio, giorno dell’Indipendenza. Ma l’opposizione dei repubblicani è già decisa: “Si tratta di un aumento massiccio di tasse per la parte più produttiva della nostra economia”, ha detto Mitch McConnell, leader repubblicano del Senato. Il rialzo delle imposte “potrebbe essere l’abbaglio economico più tragico per generazioni”, ha rilanciato Kevin Brady, deputato del Texas.

Di solito ben disposti verso progetti di sviluppo delle infrastrutture, in questo caso i repubblicani si trovano solidamente schierati all’opposizione. Dopo una spesa da 1.900 miliardi di dollari per la legge di stimolo post-pandemia (finanziata attraverso l’allargamento del deficit federale), non esiste alcuna chance che i repubblicani possano appoggiare una misura da 4mila mila miliardi basata sull’aumento delle tasse. Biden si è detto ieri disponibile a cercare un compromesso, “basta che non si pensi di aumentare le tasse per chi guadagna meno di 400mila dollari”. Vista l’opposizione compatta dei repubblicani, è certo che al Senato i democratici dovranno ancora ricorrere al meccanissmo della Budget Reconciliation, che permette di far passare una legge con una maggioranza di 51 voti. In questo caso, i democratici dovranno però contare sul sì di tutti i propri senatori, dai moderati Joe Manchin e Kyrsten Sinema ai progressisti Elizabeth Warren e Bernie Sanders.

IL SENSO STORICO-IDEOLOGICO DEL PIANO – È molto chiaro che l’American Jobs Plan presentato da Biden vuole essere qualcosa di molto più vasto che un semplice progetto di riammodernamento di strade e ponti. Ovviamente, lo stato delle infrastrutture in America è un problema: negli Stati Uniti 6 miliardi di galloni di acqua vengono persi ogni giorno per lo stato disastroso del sistema idrico, il 43% della rete stradale è, dati di un’agenzia del governo federale, in “condizioni estremamente mediocri”, oltre 30mila miglia di dighe e argini non sono soggette a controlli e standard di sicurezza. Ma le infrastrutture servono a Biden anche e soprattutto per affrontare le questioni dei cambiamenti climatici, della diseguaglianza, dell’ingiustizia razziale. Devastazioni economiche e sociali della pandemia, manifestazioni antirazziste che hanno intaccato la tenuta democratica americana, concorrenza cinese hanno convinto il presidente che è arrivato il momento di pensare in grande e agire di conseguenza. A questo servono i continui riferimenti di Biden al New Deal rooseveltiano e alla Great Society di Johnson. I democratici pensano sia arrivato il momento di cambiare paradigma. Lo spostamento del partito a sinistra nel corso dell’ultimo decennio ha creato il contesto politico e culturale in cui si muove l’amministrazione oggi. I democratici si sentono sufficientemente forti per superare l’ortodossia che ha dominato la politica Usa negli ultimi quarant’anni: quella sintetizzata nel discorso inaugurale di Ronald Reagan del 1982, secondo cui “il governo non è la soluzione dei nostri problemi, il governo è il problema”.

La maggioranza del partito democratico e una parte d’America – e Biden agisce di conseguenza – pensano invece oggi che il governo possa e debba risolvere i problemi, che lo Stato abbia la capacità di rimettere in moto l’economia meglio di quanto non riesca a fare il mercato. Si tratta, per l’appunto, di un radicale ribaltamento di idee e politiche che hanno avuto corso anche a sinistra negli ultimi decenni. La settimana scorsa, nella sua prima conferenza stampa da quando è presidente, Biden ha spiegato che la battaglia è oggi “tra l’utilità delle democrazie nel 21esimo secolo e le autocrazie”. Il riferimento a Russia e soprattutto Cina, è parso chiaro. La sfida che Biden lancia è quella di un rilancio del capitalismo democratico, di un sistema che pensa di conciliare mercato e diritti sociali. Il suo modello, per l’appunto, è il “nuovo corso rooseveltiano”, sono le socialdemocrazie europee uscite dalla seconda guerra mondiale. Non è chiaro quanto l’amministrazione Biden sarà capace di realizzare. Interessante comunque che un presidente arrivato alla Casa Bianca a fine carriera e quasi per caso si stia facendo strumento e promotore di una delle più radicali opere di riforma economica e sociale in America nell’ultimo secolo.

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