Chi nel 2020 ha visto il giro d’affari calare moltissimo – almeno del 65% – riceverà per effetto del decreto Sostegni del governo Draghi un contributo più alto rispetto ai ristori incassati lo scorso novembre. Chi ha perso “solo” il 50% prenderà di meno. Così come discoteche e locali notturni, nonostante siano uno dei comparti più colpiti. In compenso tutte le categorie finora escluse dagli indennizzi perché il loro codice Ateco non rientrava negli elenchi avranno finalmente una boccata di ossigeno. È l’effetto del nuovo meccanismo di calcolo degli aiuti per le attività danneggiate dalle restrizioni anti Covid: sono previste cinque fasce di sostegno calanti al crescere del fatturato 2019 e gli indennizzi, che spetteranno a chi con la pandemia ha perso almeno il 30%, saranno parametrati alla perdita media mensile registrato nell’anno del lockdown rispetto all’esercizio precedente. Quanto ai tempi, i primi bonifici (ma in alternativa le imprese potranno optare per un credito di imposta) partiranno subito dopo Pasqua, a quasi due mesi dall’insediamento del nuovo governo e soprattutto a tre mesi dagli ultimi aiuti.

I nuovi indennizzi valgono nel complesso 11 miliardi (più 700 milioni riservati alle aree sciistiche) a valere sui 32 miliardi di extra deficit chiesti e ottenuti dal Conte 2. Rispetto alle ipotesi circolate nei mesi scorsi, non c’è traccia di una copertura dei costi fissi sostenuti anche quando le saracinesche erano abbassate. E scompare anche il credito di imposta del 60% sugli affitti. Se ne riparlerà, eventualmente, dopo il prossimo scostamento di bilancio già annunciato da Draghi. Gli aiuti andranno da un minimo di 1.000 a un massimo di 150.000 euro e saranno pari al 60% delle perdite per chi nel 2019 abbia fatturato fino a 100.000 euro, 50% tra 101mila e 400mila, 40% tra 400.001 e 1 milione, 30% da 1.000.001 a 5 milioni e 20% tra 5.000.001 e 10 milioni. Oltre quella soglia non spetta alcun ristoro, come lamentano tra gli altri i rappresentanti del comparto ristorazione collettiva.

I ristori della scorsa primavera consistevano invece in contributi pari al 20% della perdita di aprile 2020 sullo stesso mese del 2019 per attività con fatturato fino a 400mila euro, 15% tra 400.001 e 1 milione, 10% tra 1 e 5 milioni. A fine anno ristoranti, palestre, cinema e altre attività chiuse causa restrizioni hanno poi ricevuto il doppio dell’aiuto precedente, bar e gelaterie il 150% del contributo già incassato, mentre i locali notturni hanno preso quattro volte tanto. Il confronto per molti risulterà svantaggioso. Ecco qualche esempio dell’ammontare dei sostegni che spetteranno a diverse attività, in base al calo dei ricavi che hanno subìto, con l’indicazione di quanto le stesse attività hanno ricevuto nel 2020.

Il negozio con fatturato mensile dimezzato prende 2mila euro contro i 2.600 di novembre – Un negozio di abbigliamento di Milano che nel 2019 abbia fatturato 80mila euro e nel 2020 sia sceso a 40mila, dunque con una perdita media mensile di 3.333 euro, avrà diritto al 60% ovvero 2mila euro. Ma l’anno scorso a quanto aveva diritto? Per aprile, quando l’attività era chiusa, all’imprenditore spettava il 20% della perdita rispetto allo stesso mese del 2019, quando il fatturato (prendendo il valore medio dell’anno) si era attestato a 6.666 euro. Quindi poco più di 1.300 euro. A fine anno è stato poi previsto che i negozi basati nelle zone rosse prendessero il 200% di quanto avuto in primavera: 2.600 euro, in questo caso. Più della cifra che riceverà ora. Il bilancio sarà invece favorevole se il “buco” causato dal Covid è stato più ampio: ipotizzando che il fatturato 2020 sia crollato a 20mila euro, dagli 80mila dell’anno prima, il contributo statale sale con il Dl Sostegni a 3mila euro: un po’ di più rispetto allo scorso anno. Il confronto diventa favorevole solo se i ricavi sono calati di oltre il 65%. Confesercenti lamenta che “anche considerando le tranche di contributi a fondo perduto arrivati lo scorso anno, si copre meno del 7% del fatturato perso dalle attività economiche nel solo 2020. Non solo: non arriveranno prima di fine e aprile, e non c’è assolutamente niente per il primo trimestre del 2021”.

Il ristorante con perdita del 60% riceve 10mila euro contro i 12mila di novembre – Un ristorante o una palestra con 500mila euro di fatturato 2019 e ricavi ridotti l’anno scorso, causa Covid, a 200mila (-60%) prenderà 10mila euro, pari al 40% di una perdita media mensile di 25.000. Nel 2020 aveva ricevuto a primavera il 15% della perdita, che si può quantificare in 40mila euro pari a poco meno dell’intero fatturato medio di un mese del 2019 posto che ad aprile erano consentiti solo l’asporto e la consegna a domicilio: quindi 6mila euro. A fine anno ha ricevuto il doppio, 12mila euro. Ora dunque il ristoratore o titolare della palestra deve aspettarsi un aiuto inferiore. Prenderà di più solo nel caso in cui lo scorso anno la sua perdita sia stata ancora maggiore, come avvenuto del resto per gran parte dei locali basati nelle grandi città: se i ricavi sono scesi da 500mila a 100mila euro, per esempio, avrà diritto a 13.333 euro.

Per la discoteca 20mila euro in meno di indennizzo – Diversa la situazione di una discoteca che nel 2019 abbia incassato 2 milioni di euro e lo scorso anno abbia registrato un crollo a 200mila euro (ipotizziamo che gli incassi di gennaio e febbraio si siano salvati e in estate sia stato organizzato qualche evento all’aperto). La perdita media in questo caso è di 150mila euro e applicando la percentuale del 30% l’indennizzo che spetta è di 45mila euro. Lo scorso anno la stessa attività aveva ricevuto innanzitutto il 10% della perdita di aprile, quando essendo chiusa i ricavi si sono azzerati rispetto ai 166mila euro circa entrati in cassa nel 2019: il contributo a fondo perduto è stato dunque di 16.600 euro circa. A fine anno per questa attività è stato poi previsto un nuovo ristoro pari al 400% di quello precedente: 66.400 euro. Stavolta dunque l’aiuto sarà decisamente più basso.

Boccata di ossigeno per gli esclusi dai ristori causa codice Ateco “sbagliato” – Tirano invece – finalmente – un sospiro di sollievo le tante attività che a causa della “lotteria” dei codici Ateco lo scorso anno non hanno ricevuto praticamente alcun aiuto. I casi sono tanti, come raccontato da Ilfattoquotidiano.it: si va dagli allestitori di fiere che non rientravano nella lista dei codici ammessi agli indennizzi ai negozi di fiori affossati dallo stop a feste e cerimonie, dalle sartorie per abiti da sposa e da cerimonia agli agenti di commercio e liberi professionisti, che erano stati esclusi da tutte le tornate di aiuti a fondo perduto. Ora tutti rientrano nel sistema di sostegni basati sul calo medio di fatturato registrato nel 2020.

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Decreto Sostegni, gli aiuti alle grandi imprese: 200 milioni di prestiti per aziende non decotte già prima della crisi

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