Dal primo momento in cui ho ascoltato Musica leggerissima la prima sera a Sanremo, lo scorso 2 marzo, ne sono rimasta ossessionata. Era grande la sorpresa di trovare i miei amati Colapesce e Dimartino lì, tra i big, per giunta insieme e con un pezzo bomba. Perché bomba era, lo scrissi subito sui social, e non sbagliavo, visto l’effetto detonatore che ha provocato, raccogliendo via via nei giorni tutto il successo possibile, cosa che forse ha stupito più noi, che da anni seguiamo i due cantautori siciliani che la squadra che ha reso possibile tutto questo.

Ricordo Lorenzo Urciullo (Colapesce) dai tempi di Myspace, quando entrambi, come tanti, muovevamo i primi passi nella rivoluzione, cominciata con quella piattaforma, che di lì a poco avrebbe cambiato le leggi del mercato discografico. All’epoca ci si presentava a un eventuale pubblico caricando le proprie tracce, spesso delle rudimentali demo, e si faceva virtuale amicizia tra artisti e aspiranti tali con comunione di gusti e ascolti, scambiandosi opinioni e speranze. Poi è arrivato tutto il resto e Myspace è sparito, obsoleto e inutilizzato. Perciò, dopo aver seguito per anni Colapesce nella sua graduale ascesa attraverso gli album che lo hanno portato via via a un crescente successo, è stato emozionante ritrovarlo in abiti stilosi sul palco più importante per la nostra canzone (diffidate di chi snobba Sanremo, dubito che qualcuno rifiuterebbe di parteciparvi, avendone la possibilità).

Allo stesso modo ho esultato per la presenza di Antonio Di Martino (Dimartino), che ha alle spalle svariati album, concerti, collaborazioni, canzoni scritte per altri, oltre ad avere con il collega comuni origini siciliane che deliziosamente vengono evidenziate nello sketch di accompagnamento I mortali (diretto, come il videoclip di Musica leggerissima, da Salvo “Zavvo” Nicolosi del collettivo Ground’s Oranges), dove il marcato accento li rende cinematografici e il mare e i luoghi dell’isola amplificano la bellezza di questo e altri loro video, gettonatissimi in questi giorni.

Leggendo i commenti sotto brani antecedenti il Festival, appare chiaro che aver raggiunto il pubblico cosiddetto nazional-popolare ha permesso di traghettare la loro musica ad un numero impressionante di ascoltatori anche differenti da chi già li seguiva da anni. Come me appunto, che possiedo i loro cd dal primo all’ultimo e che li ho ascoltati dal vivo, soprattutto agli inizi.

Ma torniamo a Musica leggerissima. Come spesso accade, quello che fa rumore divide. E anche in questo caso, accanto a chi è stato sopraffatto dalla potenza evocativa e dalla godibilità della canzone, c’è stato chi ha cominciato a gridare al plagio e si sono scatenate la caccia alla melodia e al riff strumentale richiamati dal pezzo. L’operazione compiuta in questo caso (produttori artistici: Giordano Colombo e Federico Nardelli) è più verosimilmente un perfetto studiato equilibrio tra ispirazione, conoscenza e citazioni, un tributo e un atto d’amore attraverso un efficace nostalgico richiamo a un certo tipo di musica, sonorità, ambientazioni, al dancefloor, alla disco anni Settanta, un calderone che comprenderà pure Julio Iglesias, Enzo Carella (della cui splendida Malamore Colapesce tra l’altro ha realizzato una cover), Empire of the Sun, ma solo per riportarci a un immaginario anni Settanta e forse anche Ottanta (penso alla presenza sul palco sanremese della campionessa mondiale di pattinaggio a rotelle Paola Fraschini), approdando ad una traccia di facile ascolto, ossia leggera nella migliore accezione del termine, e molto radiofonica.

Declinata in minore, utilizza pochi semplici accordi, cosa tipica di mille canzoni pop squisitamente tali, che sviluppano spesso melodie diverse tra loro pur condividendo armonie simili se non uguali. Una canzone che ci accompagnerà durante questa ‘maledetta’ primavera, in un canto libero. E a proposito di Lucio Battisti, Colapesce è l’unico al quale ho sentito interpretare l’immenso cantautore (versione dal vivo de Il nostro caro angelo eseguita a Rai Radio 2) senza che sembrasse piano bar di periferia, come purtroppo quasi sempre accade quando qualcuno tenta di approcciarlo. Lorenzo ha il timbro giusto, con la sua voce sussurrata, vellutata e calda. Alla quale si contrappone, quando cantano in coppia, quella più graffiante di Dimartino.

Entrambi sono autori di canzoni molto intense e personali. Si può pescare indistintamente nella loro discografia, ma cito tra tutti gli album: Sarebbe bello non lasciarsi mai, ma abbandonarsi ogni tanto è utile di Dimartino e Un meraviglioso declino di Colapesce, entrambi del 2012. Tra l’altro, alcune delle loro precedenti canzoni sono comprese nell’album I mortali ², digitale, vinile e cd, riedizione dell’omonimo album, forma espansa che comprende anche il brano sanremese, un paio di cover (Battiato e Marianne Faithfull) e, appunto, una manciata di brani di ciascuno dei due.

Approvati anche dalla premiata ditta Mara Venier-Cristiano Malgioglio, il dopo festival è stato occasione di un siparietto in cui Colapesce ha citato il brano Visioni, del gruppo Nuovo Sistema, di cui Malgioglio faceva parte negli anni Settanta e di cui sembrava non conservare memoria.

Ai criticoni insomma dico: rilassatevi, per i processi ci sono i tribunali. La vita è fatta anche di momenti, e questo è il loro momento. Se lo meritano tutti coloro che hanno lavorato a questo progetto o che ci credono da anni, come l’etichetta discografica 42 records di Emiliano Colasanti e Giacomo Fiorenza. E soprattutto Colapesce e Dimartino che, vestendo i loro nuovi eleganti abiti sbrilluccicanti, sembrano divertirsi un mondo, intelligenti e ironici, mentre coronano un sogno che per molti resta lungo una vita senza vederlo realizzato mai.

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