Sono trascorsi più o meno 50 giorni dall’incarico affidato dal Presidente della Repubblica al Professor Draghi. In determinati luoghi, come le corsie di ospedale ad esempio, 50 giorni sono un tempo enorme. Per i palazzi della politica è diverso, i ritmi sono più lenti. La pandemia però ha cambiato anche questo, contingentando il tempo che la Politica ha a sua disposizione.

Il punto centrale resta infatti questo: la corsa contro il tempo per fermare il Covid-19. Su questo, il governo si è mosso in sostanziale continuità con il precedente esecutivo. Purtroppo i problemi sono di nuovo tutti lì, dalle scuole chiuse, alla morsa economica per molte categorie professionali, dall’azzeramento delle relazioni sociali alle limitazioni delle libertà individuali.

Questi temi, ovviamente, non sono imputabili all’azione del Presidente Draghi, ma il Paese si attende adesso un’accelerazione sostanziale, in particolare sul piano vaccinale. Grazie ai solidi accordi sottoscritti dal Governo Conte in sede europea, l’Italia dovrebbe essere fornita adeguatamente di vaccini, ma tutti sappiamo che non sta avvenendo nei tempi originariamente previsti e in tanti imputano proprio a errori della Commissione europea la motivazione principale dei ritardi. Di certo, sia il blocco delle esportazioni dei vaccini, così come l’avvio di produzioni di vaccino in Italia sono iniziative forti e condivisibili. Tuttavia, temo non sufficienti.

A questo viene ad aggiungersi un elemento forse decisivo: l’insicurezza indotta dalla decisione di sospendere, anche se temporaneamente e solo in via prudenziale, l’uso di uno dei vaccini, quello di AstraZeneca. Gli effetti sui cittadini potrebbero essere quelli del prevalere di diffidenza e paura con conseguenze gravissime per l’uscita dalla pandemia. Bisognerà fare un duro lavoro di comunicazione e di recupero della credibilità.

Permane inoltre come nodo irrisolto il punto del rapporto tra governo e Enti locali che tanto ha impegnato il precedente esecutivo. C’è un nuovo piano vaccinale che finalmente indica le fasce di età e le fragilità come criteri a cui tutti dovranno uniformarsi, ma dobbiamo lavorare affinché vi sia una macchina organizzativa unitaria su tutto il territorio nazionale.

Dobbiamo quindi tutti augurarci che arrivino i vaccini nelle dosi e nei tempi giusti, che siano tutti conformi alle direttive EMA e AIFA, efficaci contro le varianti, pronti per essere somministrati dalla macchina logistica e organizzativa dello Stato e delle regioni. Non vi sono del resto alternative: fallire sarebbe imperdonabile e trascinare la ”politica dei lockdown” anche dopo l’estate avrebbe conseguenze devastanti, per esempio sul diritto all’istruzione delle nuove generazioni.

Di tutt’altro tenore sono le questioni che fanno capo a temi come il Recovery. Appare molto difficile individuare tratti di condivisione nel merito tra Lega e il Partito Democratico o il Movimento 5 stelle su un tema così strategico. Al momento sono stati indicati solo i macro capitoli, tra l’altro anche qui in sostanziale continuità, ma tutto è ancora da definire, a partire da temi fondamentali rapporto tra Nord e Sud del Paese.

Dopo l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, bisognerà ridare la parola agli elettori affinché si scelga tra proposte necessariamente alternative. Dobbiamo avere chiaro che il governo Draghi non è un governo di ”grande coalizione” così come se ne sono visti in Europa, ma una esperienza che trova le sue ragioni nella gravità dell’emergenza che stiamo vivendo. Un esecutivo che nasce dal richiamo del Presidente Mattarella a uno straordinario sforzo unitario e che tale carattere di straordinarietà non deve disperdere.

Così, mentre il centrodestra è già pronto a trarre i maggiori vantaggi dalla fase, il “regista” dell’ultima crisi di governo appare sperduto nel quadro politico italiano e senza un consenso elettorale, e il mio campo – quello democratico e progressista – è in un autentico smottamento, vedendo le due principali forze politiche avviarsi verso veri e propri processi rifondativi sotto la guida di due ex Presidenti del Consiglio. Sono, del resto, proprio Conte e Letta con la propria disponibilità ad aprire a nuove inedite opportunità. È con loro che dovremo completare il processo riformatore lasciato ampiamente incompiuto dopo il successo del Referendum costituzionale, a partire da una nuova legge elettorale.

C’è, dunque, un lavoro enorme da fare in relativo poco tempo per approdare a risultati positivi. I cittadini che hanno patito ogni cosa in questo drammatico contesto non faranno sconti a nessuno. Bisognerà arrivare all’appuntamento elettorale con le idee ben chiare e con una squadra di donne e uomini di altissima credibilità.

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