L’Atalanta è fuori dalla Champions League. L’Italia è praticamente fuori dalla Champions, già agli ottavi. L’ultima speranza (con la Lazio virtualmente già eliminata dal Bayern,), la più flebile se guardiamo al palmares, anche la più romantica perché la Dea che batte la regina delle coppe sarebbe stata una storia meravigliosa, si spegne a Madrid. Il Real ha gioco facile. All’andata aveva vinto a Bergamo di mestiere, favori arbitrali e polemiche. Al ritorno in casa si impone 3-1. Semplicemente di superiorità.

Eppure l’Atalanta inferiore non lo è stata, o ha provato a non esserlo. Dopo aver retto il confronto per un’intera partita in inferiorità numerica, ha la forza, la personalità di giocare e fare la partita persino a Madrid: anche se non è il Bernabeu ma il centro sportivo di Valdedebas non vale di meno. Zidane che si mette quasi a specchio, con la difesa a tre per fronteggiare lo schieramento nerazzurro, è un po’ la consacrazione per questa favola di provincia italiana. Poi però non tutto è entusiasmo, schemi, idee, bel calcio. C’è anche la classe, l’esperienza dei campioni. E l’inesperienza di ragazzi o gregari del pallone catapultati sul palcoscenico internazionale. Una specie di pegno da pagare, di timore reverenziale, che la squadra non mostra sul campo, però evidentemente sente dentro, se regala il gol che indirizza la gara con un errore marchiano inspiegabile altrimenti. A metà primo tempo, quando la banda di Gasperini era piuttosto padrona del gioco, aveva già sfiorato il gol con Gosens, ci credeva insomma, finisce tutto da un semplice disimpegno dal fondo: Sportiello passa la palla agli avversari, il solito Benzema non perdona.

Lo svarione del portiere è un rimpianto, ancora di più forse lo è la contestata espulsione di Freuler che ha condizionato la gara d’andata e tutta la sfida nei 180 minuti. L’Atalanta avrà a lungo la fastidiosa sensazione di aver sprecato un’occasione unica contro una squadra fortissima ma lontana dai fasti di un tempo. Però non è un caso se il Real ha conquistato 13 Champions, ha vinto 12 delle ultime 13 sfide contro le italiane, e con Sergio Ramos in campo (decisivo anche stavolta) non perde un’eliminazione diretta dal 2015. Un po’ come successo nei gironi contro l’Inter, l’abitudine del Real a giocare queste partite ha semplicemente fatto la differenza. Per colmare questo gap, Gasperini le ha provate tutte, anche qualche sorpresa, lasciando fuori ad esempio Zapata e Ilicic per Malinovsky e Pasalic, a dimostrazione che il tecnico non guarda in faccia nessuno. Ma le scelte non hanno pagato e probabilmente non è nemmeno dipeso da quelle.

Dopo il primo tempo scivolato via così, il risultato e l’infortunio di Gosens hanno costretto Gasperini a giocarsi il tutto per tutto, con l’inserimento delle sue due stelle. Ma in campo aperto Vinicius ha distrutto ciò che restava delle speranze dell’Atalanta: prima ha dribblato mezza difesa e sbagliato sul più bello, poi si è procurato il rigore del 2-0: dal dischetto Sergio Ramos ha chiuso partita e qualificazione. Il resto è garbage time, come lo chiamano nel basket, girandole di sostituzioni e azioni tanto per far passare il cronometro. Zapata sfiora il gol della bandiera, il Real rischia anche di dilagare, Muriel accorcia su punizione e Asensio spegne immediatamente ogni illusione. Finisce 3-1. Dopo il sogno di mezza estate infranto all’ultimo minuto col Psg, stavolta la Champions dell’Atalanta è stata una splendida realtà, conclusa molto prima, già agli ottavi. L’impresa più grande sarebbe tornarci subito. Poche squadre italiane lo meritano di più.

Twitter: @lVendemiale

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