C’è chi, come James, ha rischiato di non vedersi rinnovare il contratto di lavoro e rimanere disoccupato. Chi come Steven, invece, attende da ormai nove mesi che la sua domanda per una pensione d’invalidità, precedentemente approvata, possa essere di nuovo accettata. Chi si è visto rifiutare un finanziamento dalla banca per l’acquisto di una casa e chi, addirittura, quell’abitazione l’aveva già acquistata ma al momento della firma degli atti il notaio ha fermato la pratica perché “manca la documentazione necessaria”. Sono le storie di decine di cittadini britannici residenti in Italia che da ormai più di tre mesi, da quando è diventata ufficiale la separazione del Regno dall’Unione europea, vivono in un limbo che, però, non è dovuto alla pandemia, bensì alle soffocanti maglie della burocrazia nostrana che li ha costretti a una pausa forzata delle loro vite, relegandoli in una terra di nessuno dalla quale, ancora, non possono uscire.

I disagi sono iniziati nel giorno in cui, invece, sarebbe dovuto terminare un periodo di incertezza e preoccupazione che va avanti dal 2016, dal voto nel referendum sulla Brexit. Il 1 gennaio, secondo quanto si legge nell’accordo di recesso tra Gran Bretagna e Unione europea, “se lo Stato ospitante ha scelto di non prescrivere ai cittadini dell’Unione o ai cittadini del Regno Unito, ai loro familiari e altre persone che soggiornano nel suo territorio alle condizioni stabilite dal presente titolo di chiedere il nuovo status di soggiorno (come nel caso dell’Italia, ndr), le persone idonee a beneficiare di un diritto di soggiorno a norma del presente titolo hanno il diritto di ricevere un documento di soggiorno, eventualmente in formato digitale, corredato da una dichiarazione attestante che esso è stato rilasciato in conformità del presente accordo”. In Italia questo documento, non obbligatorio, prende il nome di ‘carta di soggiorno’, come specificato anche nel vademecum diffuso dal ministero dell’Interno il 23 dicembre 2020. Ma, come confermano a Ilfattoquotidiano.it gli amministratori del gruppo Facebook Beyond Brexit – UK Citizens in Italy che ha raccolto decine di storie di disagi tra i cittadini britannici nel nostro Paese, è su base volontaria. Formalmente, infatti, i cittadini britannici residenti nel nostro Paese sono extracomunitari dal 1 gennaio, ma in base all’accordo di recesso godono di uno speciale status che garantisce loro di non doversi preoccupare, tra le altre cose, di richiedere un permesso di soggiorno.

Questa situazione intermedia ha però collocato decine di migliaia di loro in un limbo che ha provocato enormi disagi per il mancato aggiornamento dei sistemi della pubblica amministrazione: “Dopo l’uscita definitiva della Gran Bretagna dall’Unione europea ci viene richiesto sempre il permesso di soggiorno – continuano gli amministratori del gruppo Facebook – Ma nessuno ce l’ha, non possiamo averlo. Quando spieghiamo questa cosa, dicendo che, al massimo, possiamo ottenere una carta di soggiorno, le pratiche, che sia il rinnovo della patente, l’apertura di una Partita Iva, il rinnovo della tessera sanitaria o altro, si bloccano perché il sistema informatico dà solo l’opzione di registrarsi come cittadino comunitario, che non siamo più, o extracomunitario, richiedendo però il permesso di soggiorno”.

Esattamente quello che è successo a James, cittadino britannico sposato con un’italiana e che vive in provincia di Bari. All’inizio dell’anno, il suo datore di lavoro gli ha proposto il rinnovo del contratto, ma quando il consulente del lavoro ha cercato di registrarlo sono sorti i problemi: “Il sistema chiedeva il numero di permesso di soggiorno, ma mio marito non poteva ottenerlo – racconta la moglie Patty a Ilfattoquotidiano.it – Mio marito ha quindi presentato al proprio datore di lavoro il suo attestato di residenza che dimostrava che era residente qui da prima del periodo di transizione, ma il problema era tecnico. O si registrava come cittadino comunitario o come extracomunitario fornendo il permesso di soggiorno. Ma lui non è né l’uno né l’altro”. La famiglia si è quindi rivolta all’Eures, il portale europeo della mobilità professionale, nel tentativo di sbloccare la situazione: “Mio marito era rimasto senza lavoro, ma loro ci hanno detto che avremmo dovuto richiedere questa carta di soggiorno, anche se i sistemi informatici non la prevedevano”.

Anche se si decide di richiedere il nuovo documento, che dovrebbe comunque essere su base volontaria, i problemi non si risolvono: “Molti di noi si sono recati nelle Questure locali (come indicato nel vademecum diffuso dal Viminale, ndr) chiedendo questo documento. Di tutti quelli che abbiamo sentito, nessuno è riuscito a ottenerlo, con gli operatori che spesso non conoscevano nemmeno le procedure da svolgere. È un documento non ancora disponibile. Alcuni membri del nostro gruppo si sono sentiti rispondere che tutte le pratiche sono sospese in attesa di comunicazioni”. Adesso, dicono, “dopo alcuni problemi iniziali il sistema di prenotazione per gli appuntamenti è aperto, anche se spesso c’è un’attesa di qualche settimana e in alcuni casi di mesi. Le carte non sono ancora disponibili e questo potrebbe richiedere qualche mese” di attesa.

James è comunque riuscito a risolvere la propria situazione: “Ancora non abbiamo ottenuto la carta – conclude Patty -, ma grazie all’azione di Eures la settimana scorsa siamo riusciti finalmente a registrare il contratto con una deroga momentanea approvata dal ministero del Lavoro. Il tutto al costo di tre settimane di stipendio perse“.

Non è andata così bene a Steven, invece: “A settembre ho avviato le pratiche per richiedere la pensione d’invalidità – racconta a Ilfattoquotidiano.it – A novembre la richiesta è stata accettata ma un mese dopo, in vista dell’accordo definitivo sulla Brexit, mi è stato detto che quella domanda, fatta quando ancora il Regno Unito era formalmente parte dell’Unione, non aveva più valore e che dovevo ripartire da capo. Così a gennaio ho di nuovo inoltrato la richiesta ma, a causa del problema del sistema informatico, risultava impossibile. Così ho fatto richiesta alla Questura di Grosseto per la carta di soggiorno, ma non è stato possibile ottenere il documento, così la mia domanda è di nuovo scaduta a marzo”. Una doppia beffa, spiega, perché se da un lato sembra ancora oggi impossibile ottenere la carta di soggiorno, dall’altro non è detto che questo documento riesca a sbloccare la situazione, visto che non è ancora contemplato dai sistemi informatici italiani: “È veramente frustrante, soprattutto perché nessuno riesce a darti risposte certe. Io non ho un lavoro, ma ho la fortuna di avere una casa e di vivere con mio marito. Ma se una persona fosse sola, magari con un affitto da pagare, come potrebbe risolvere una situazione del genere?”.

A ormai più di tre mesi dal termine del periodo di transizione, molte persone si vedono così negati dei diritti basilari. Qualcuno è rimasto senza stipendio perché i contratti di lavoro non possono essere registrati e non si può aprire una partita Iva, altri senza servizi sanitari perché non è possibile emettere o rinnovare la tessera. Inoltre, l’Inps non riesce a pagare le pensioni o i benefici sociali, si registrano difficoltà nel registrare un contratto telefonico, impossibilità nel comprare una casa, rinnovare o registrare un nuovo contratto di affitto, comprare un’automobile o fare un leasing, fare richiesta di cittadinanza e così via. Una situazione che ha portato molti di loro a rivolgersi alla propria ambasciata in Italia che, raccontano, “non può far altro che sollecitare. A occuparsene devono essere le istituzioni italiane”.

Twitter: @GianniRosini

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