di Andrea Masala

Il Pd è un partito-Leviatano, un partito-Stato condannato a perdere nella società ma a vincere sempre nel Palazzo e a fornire la sua classe dirigente all’amministrazione ministeriale. È un partito-Leviatano-kathekon, col potere di limitare altri poteri, quelli delle spinte antisistema e quelli sociali delle insorgenze a sinistra, che da sempre sterilizza e lascia spegnere.
Fa cioè quello che per mezzo secolo ha fatto la Dc, ma al contrario: se questa assorbiva tutte le spinte sociali di destra e le spostava in un centro di governo con sensibilità sociali (tanto che per mezzo secolo, fino a Berlusconi, la destra italiana non ha avuto praticamente rappresentanza autonoma), il Pd assorbe le istanze di sinistra e le sterilizza spostandole in un centro di governo con sensibilità privatistiche di mercato (temperate e chiamate riformismo ed europeismo). Come allora la destra, oggi la sinistra non ha una sua rappresentanza autonoma.

Per far questo ha unito tre vocazioni: il ruolo storico della Dc di partito-Stato senza alternative; il ruolo della parte peggiore del Pci come sterilizzatore del conflitto sociale (quel partito aveva naturalmente una parte migliore che organizzava un contropotere sociale e una enorme alfabetizzazione politica e civica popolare, ma è morta con lui) e la sua giusta all’inizio ma poi malintesa idea di ruolo nazionale della classe operaia; l’iperrealismo europeista come pensiero unico.
Come la Dc è un grande contenitore di partiti reali denominati correnti in cui i segretari politici sono degli amministratori delegati pro tempore.

Un partito quindi che svolge la funzione in parte positiva di stabilizzare sempre il quadro in una democrazia instabile, “ma anche” quella negativa di bloccare il sistema e di impedire qualsiasi dinamismo a sinistra, cosa che invece facilita sempre maggior dinamismo a destra, un fecondo rapporto vivo della destra con la società contro la sinistra ufficiale “di palazzo” e un continuo spostarsi dell’asse politico nazionale verso destra. Se infatti alla nascita del Pd il mostro eversore era Silvio Berlusconi, ora questi è diventato un buon moderato “europeista” e il mostro si sposta sempre più a destra, prima Salvini e ora forse solo Meloni. E il Pd a rincorrere questo slittamento verso destra inglobando nel suo iperrealismo sempre più campi: ieri Berlusconi, oggi quasi il Salvini giorgettizzato, domani forse Meloni lasciando fuori solo Casapound e poi chissà… chiamando i propri elettori al voto con la sola issue di “salvare il paese da…” aggiungendo alla fine un nome sempre più a destra, perché il pericolo eversivo di ieri è nel frattempo diventato un alleato.

Qualcosa è cambiato o cambierà?

Forse sì e forse no. Certo, i capicorrente (gli stessi che pochi anni fa lo avevano cacciato dal governo) hanno votato all’unanimità un nuovo segretario senza discutere di niente quando quello uscente li aveva definiti vergognosi (scena che ricorda gli applausi in Parlamento a Giorgio Napolitano che nel discorso di conferma li aveva definiti incapaci e irresponsabili) e questo conferma che nelle correnti niente è cambiato e niente cambierà perché sono solo macchine per il potere.

Però il combinato disposto governo Draghi-segreteria Letta-Ue (il legame è evidente su più piani) potrebbe condurre a un bivio: il governo Draghi sarà comunque un reset, sarà sicuramente minimamente ri-costituente e la Ue avrà cambiamenti. Se questi due piani andranno verso una rottura del pensiero unico europeista allora il Pd di Enrico Letta potrebbe interpretare un ruolo “all’americana” e contendere l’egemonia alla destra tramite programmi opposti su fisco, economia, welfare e partecipazione (nel suo discorso qualche spunto interessante c’è stato, comunque un po’ di vento fresco rispetto a quelli che si sentono dai leader di quel partito).

Se invece il sistema Italia-Europa si chiuderà ancora di più (politicamente ed economicamente), il Pd di Letta asseconderà la sua natura, motivo per cui è nato, di Leviatano-kathekon mettendosi ancora più stabilmente al centro del sistema, non un partito per l’alternativa ma un partito per impedire qualunque alternativa. Un partito che fa grandi coalizioni con chiunque per governare comunque. In Italia siamo abituati ma da anni questo succede anche in Europa, e d’ora in poi dobbiamo ragionare sempre sul doppio livello.

Per chi scrive è abbastanza scontato che l’ipotesi più probabile sia la seconda, ma chi scrive da anni pensa che il Pd vada smontato per ridare dinamismo al quadro politico italiano, che la destra è irresponsabile perché tanto esiste un partito troppo responsabile, che la sinistra non esista perché quel Moloch la spegne sul nascere, che l’asse politico si sposta sempre più e sempre più velocemente a destra.

Perché la prima si realizzi servirebbe invece che la Ue diventi uno spazio politico democratizzato e partecipato, con un debito e un fisco comuni per un welfare comune (e non un gigante dai piedi d’argilla che non riesce a produrre un vaccino in 27 stati tra i più ricchi del mondo) e che Letta faccia strage dei capicorrente e investa tutto sulle nuove generazioni, aprendo al sociale e alle istanze che dal basso da decenni parlano di reddito universale, di nuova scuola, di diminuzione dell’orario di lavoro, di nuovo welfare universale, di diritti.

Se tutto questo non si realizzerà, tenete comunque a mente che come elettori ne avremmo diritto.

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