Al nome di Lawrence Ferlinghetti (1919-2021) è legata una parte importante della storia della letteratura e della cultura americane (e non solo) del Novecento.

Poeta, pittore, editore, animatore culturale, Ferlinghetti è stato il fondatore, nel 1953, della leggendaria libreria City Lights di San Francisco, pensata per essere il luogo della comunità letteraria della città, un centro della sua vita culturale – un po’ sul modello della parigina Shakespeare&Company, che Ferlinghetti vide aprire nel 1951, allora col nome Le Mistral.

Da quel momento in poi, attorno a City Lights e al suo proprietario si raccolgono gli esponenti del beat movement, a cominciare da Allen Ginsberg, il cui rivoluzionario poema Howl (Urlo) esce nel 1956 nella collana “City Lights Pocket Poets Series”, destinata a ospitare poeti emergenti. Dopo la pubblicazione di Howl, Ferlinghetti deve affrontare un processo per diffusione di materiale osceno – un processo che è rimasto famoso come il primo caso di appello al primo emendamento della costituzione americana, che protegge la libertà di parola e di stampa.

Pur trovandosi al centro di questo movimento, Ferlinghetti non abbraccia lo stile di vita beat, né definisce beat la propria poesia, che pure raccoglie suggestioni tipiche di questa controcultura. Nelle sue molte raccolte, dalla celebre A Coney Island of the Mind (1958), a Poetry as Insurgent Art (2005), fino alla più recente antologia Ferlinghetti’s Greatest Poems (2017), uno dei grandi temi-guida è quello della memoria del viaggio.

In Autobiograpy (in A Coney Island of the Mind), il poeta ripercorre alcune tappe della sua vita – dall’infanzia, non felice, all’esperienza dello sbarco in Normandia, al ritorno a San Francisco – con uno sguardo riflessivo e sornione che intercala a ogni tappa del ricordo l’immagine della “vita tranquilla” del presente: “I am leading a quiet life / in Mike’s Place every day / contemplating my navel”.

In effetti, per Ferlinghetti il viaggio è stato spesso soprattutto un fatto interiore, una scoperta di sé. È così negli anni Sessanta e Settanta, nei viaggi in Italia in cui Ferlinghetti viene in contatto con le radici della sua famiglia (il padre era originario di Brescia) e con una parte importante della storia letteraria e sociale italiana di quel periodo: nel 1965, al festival dei Due Mondi di Spoleto, conosce e ascolta Pasolini; frutto di quell’incontro sarà, vent’anni dopo, l’antologia Roman Poems, uscita anch’essa nella “Pocket Poets Series”, che raccoglie 28 poesie di Pasolini tradotte da Ferlinghetti e Francesca Valente, allora direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di San Francisco.

Ma già negli anni giovanili il viaggio è per Ferlinghetti insieme esperienza letteraria ed esperienza di sé: alla fine degli anni Quaranta, dopo essersi laureato alla Columbia University, si trasferisce a Parigi, dove per la prima volta si mette alla prova come scrittore e come pittore, e si addottora alla Sorbona con una tesi intitolata “The City as Symbol in Modern Poetry”. In effetti, per lui che era solito portare con sé taccuini da riempire di annotazioni, impressioni, schizzi, prove di versi, la città è un luogo di profonda ispirazione poetica: ad esempio, in The Changing Light (in How to Paint Sunlight, 2000) San Francisco è ritratta, in opposizione a una Parigi “perlacea” (“pearly light of Paris”), come una città-isola, incorniciata tra la foschia mattutina e il velo di nebbia della sera, alla deriva nella luce cangiante dell’oceano: “And in that vale of light / the city drifts / anchorless upon the ocean”.

In questo scenario onirico della città si muove il poeta, che cammina sui tetti e sui balconi, capace di vedere ciò che gli altri non vedono, come il Dante di Canti romani (in Over all the Obscene Boundaries: European Poems and Transitions, 1985), moderno poeta laureato cantore “della nostra strana vita”, insieme amara e bellissima:

It is as if Dante were walking
from roof to roof
lightly singing
a muted melody
lightly humming
to himself
a fretted threnody
lightly treading
the tiled balconies
the marbled terraces
The swallows
swirl about him
With the dawn they dart away
leaving feathers in his hair
woven like laurel
in the sweet air
so full of our strange life
so bitter yet so passing fair

Ferlinghetti, che è stato il primo poeta laureato di San Francisco, dal 1998 al 2000, ha continuato a scrivere poesia fino agli ultimissimi anni della sua vita: “my newest poems” – diceva – “are also my favorite poems”.

Articolo Precedente

Rossella Panarese, morta la giornalista di Rai Radio3. I colleghi: “Dava senso al nostro essere Noi”

next