TRIESTE – “Sa perché sono indagato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina? Per aver dato ospitalità per una notte a una famiglia iraniana di quattro persone, i due genitori e i figli di 9 e 11 anni. Trovo tutto questo persecutorio e grottesco…”. Gian Andrea Franchi è un docente di filosofia in pensione, ha 84 anni, e con la moglie Lorena Fornasir, 67 anni, psicoterapeuta, ha fatto nascere due anni fa alla l‘associazione di volontari Linea d’Ombra, diventata a Trieste un punto di riferimento nell’accoglienza ai profughi che percorrono la “rotta balcanica” e arrivano stremati in Italia dopo aver camminato per settimane. Gli agenti della Digos e dell‘antiterrorismo hanno suonato alle 5 del mattino nella casa di Franchi e Fornasir, che è anche sede dell’associazione.

Cosa cercavano?
Hanno preso documenti, il mio cellulare, un computer… Probabilmente cercavano prove a sostegno dell’ipotesi di reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Le hanno notificato un decreto di perquisizione e sequestro?
Sì, si tratta di tre paginette, firmate da un giudice, con la nomina di un avvocato d’ufficio. Viene riportato il reato e si fa riferimento al fatto che io avrei ricevuto del denaro. Io so di non aver fatto niente di illegale, anzi, qui si vuole colpire un’associazione che si occupa di dare un aiuto alla gente che arriva in Italia. Non è piacevole trovarsi la polizia in casa all’alba, ma siamo consapevoli di fare del bene a chi ha bisogno. Non smetteremo.

Lei sa che c’è stata un’operazione più ampia, con arresti e una trentina di indagati?
L’ho appreso dai giornali.

Ci racconta la vicenda di quella famiglia iraniana?
Nel luglio 2019 non avevamo ancora fondato Linea d’Ombra, ma ci occupavamo del problema. Abbiamo fatto dormire in casa nostra, per una sola notte, i genitori e i due figli. Non sapevano dove andare, non avevano nulla. Cosa avremmo dovuto fare? Inoltre li abbiamo indirizzati al Consorzio Italiano di Solidarietà, dove hanno chiesto loro se volevano accoglienza o chiedere il riconoscimento dello status di profughi.

Cosa decisero?
Che volevano raggiungere alcuni loro parenti in Germania. E’ per questo che si sono fatti mandare 800 euro dal loro parente, attraverso un Money Transfer. Siccome serviva il riferimento di una carta d’identità, ha dato le mie generalità. Hanno ricevuto il denaro e lo hanno usato per comperare i biglietti del treno e alcuni vestiti, altrimenti erano impresentabili.

Quindi lei è stato coinvolto per quel pagamento?
Ripeto, erano soldi che hanno ricevuto loro da un un parente. Non me li sono intascati io. Ma ricordo uno strano episodio. Il giorno prima della partenza stavo camminando per Trieste assieme all’uomo di quella famiglia. Mi fermarono due poliziotti in divisa che mi chiesero i documenti e si disinteressarono del mio compagno che proseguì tranquillamente. Ma è grottesca la motivazione….

Quale?
Mi dissero che mi avevano fermato perché assomigliavo all’ospite di una casa di riposo che era scomparso, si era allontanato dalla struttura.

Una scusa?
A me sembrò di sì. Comunque la famiglia, dopo aver dormito per una notte da noi, partì in treno. Li accompagnammo in stazione a Trieste. Questo è tutto quello che abbiamo fatto. Poi ci hanno detto che la Polizia li fece scendere dal treno e chiese loro se volevano andare in Questura. Risposero che volevano andare in Germania. Così ricevettero un foglio di via, risalirono tranquillamente sul treno e partirono.

Come si sente ad essere assimilato a chi lucra sulla povera gente?
Prima o poi me l’aspettavo, perché sono stato fermato varie volte dalle forze dell’ordine. In piazza Libertà, ad esempio. Immagino che il mio telefono sia sotto controllo, quindi non mi stupisco. Ma in cosa saremmo implicati? Abbiamo ospitato delle persone, crediamo che questo si possa fare, non c’è nulla da nascondere… Se è questo è il motivo del coinvolgimento in un’indagine, se per questo dobbiamo essere assimilati ai passeur… cosa possiamo dire?.

In che cosa consiste la vostra attività?
Abbiamo fatto numerosi viaggi in Bosnia, per portare aiuti e verificare le condizioni in cui vivono le persone che cercano di arrivare nell’Unione Europea. E diamo assistenza a chi arriva a Trieste. Anche ieri ne abbiamo incontrati quattro. La prima cosa è curarli, per questo è impegnato un gruppo di giovani medici. Gli immigrati hanno camminato a lungo, sono feriti ai piedi e alle gambe. Chi non è ferito, evidentemente ha potuto pagarsi qualche passaggio dei passeur. Ma tutti hanno bisogno di assistenza. Noi li rifocilliamo, li vestiamo.

E poi cosa fanno?
Sono in pochi a chiedere asilo da noi, la maggioranza vuole proseguire per il Centro e il Nord Europa. Ma siccome non sanno dove andare a dormire, si rifugiano in un magazzino abbandonato, lo stesso che – per i ricorsi della storia – decenni fa ospitò i profughi italiani dell’Istria.

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