Una “via autonoma” tutta sudtirolese, una volontà di distinguersi a tutti i costi dalla decisioni prese da Roma. Già in ottobre, con regole diverse sulle restrizioni che portarono alla prima retromarcia. Poi, con lo screening di massa e la decisione di concedere libertà di movimento durante le festività natalizie. Infine, poche settimane fa, con il rifiuto della zona rossa disposta da Roma sulla base dei dati dell’Iss e del ministero della Salute. Così Bolzano ha perseverato sulla sua strada, fino all’inevitabile conseguenza: da lunedì 8 febbraio tutta la Provincia torna in lockdown e ci rimarrà almeno per tre settimane, fino a domenica 28 febbraio. Anche il presidente Arno Kompatscher si è dovuto arrendere a un numero di nuovi positivi che non accenna a diminuire: i test di massa non ha permesso di riportare il virus sotto controllo, le restrizioni light di Natale hanno fatto ripartire i contagi e da gennaio è arrivata anche la variante inglese, il fattore “che ha sconvolto la tabella di marcia”, ha ammesso lo stesso governatore.

La scoperta risale solo a giovedì scorso: l’Azienda sanitaria altoatesina ha confermato la presenza della variante inglese del coronavirus in un paziente residente a Lana, comune vicino a Merano. Il direttore generale Florian Zerzer però ha spiegato che la persona è già guarita, si tratta quindi di un “caso datato”, risalente almeno a qualche settimana fa. Come ha spiegato l’Istituto superiore di sanità, la variante inglese si caratterizza per “una trasmissibilità più elevata. La sua presenza può almeno in parte spiegare il boom di positivi in Alto Adige: solo nel fine settimana sono stati registrati più di 1200 nuovi casi. “Purtroppo le varianti del Covid hanno sconvolto la tabella di marcia per l’uscita dalla pandemia. Infatti anche Roma teme un’accelerata a livello nazionale”, ha spiegato Kompatscher.

L’aumento dei contagi dovuto alla variante inglese, però, non ha fatto altro che mettere in luce le falle nella strategia contro il Covid portata avanti da Bolzano. Per tutto l’autunno la Provincia ha provato ad agire in contrasto rispetto alle disposizioni contenute nei Dpcm firmati da Giuseppe Conte, salvo poi rendersi protagonista di clamorose retromarce. Poi, l’inaugurazione della “via autonoma” con la decisione di effettuare tamponi a tutta la popolazione nel fine settimane del 20-21 novembre. La partecipazione fu un successo e portò alla decisione di revocare le misure più dure. Ma alla lunga i test di massa si sono rivelati inefficaci, soprattutto perché hanno portato a un eccessivo rilassamento. Nella vicina Austria, infatti, nonostante lo screening effettuato sulla popolazione, il lockdown è proseguito da metà dicembre fino ad oggi, quando vengono allentate le prime restrizioni.

Invece l’assessore alla salute Thomas Widmann ancora in questi giorni ha ribadito che la strategia dell’utilizzo massiccio di tamponi ha permesso di consentire più libertà durante il periodo di Natale, quando in Alto Adige erano consentiti gli spostamenti. Anche in questo caso una decisione diversa rispetto a quella presa da Roma: “Una regolamentazione uniforme per non dover girare con il calendario in tasca”, diceva alla vigilia delle festività il presidente Kompatscher. I giorni di zona rossa però hanno contribuito a evitare che in Italia la curva dei nuovi casi si impennasse, mentre con l’inizio del 2021 in Alto Adige i contagi hanno ricominciato a salire. Per questo, il 15 gennaio il ministero della Salute firmava l’ordinanza che disponeva la zona rossa per la provincia di Bolzano. Kompatscher si è rifiutato di applicare la stretta e ha iniziato a contestare il monitoraggio e le conclusioni della Cabina di regia, ma anche i parametri della Commissione europea che a sua volta ha inserito l’Alto Adige nelle zone “rosso scuro. Secondo il presidente della Provincia, la strategia sudtirolese faceva emergere più casi solamente perché venivano effettuati più tamponi.

La scusa ha retto solo per qualche giorno: il 2 febbraio il Tageszeitung titolava in apertura “I giocolieri dei numeri“, dimostrando che la zona rossa non era causata dall’alto numero di test ma dall’andamento negativo della pandemia in Alto Adige. “Se si registrano 600-700 nuovi casi al giorno è evidente che le misure finora intraprese non sono sufficienti”, spiega il virologo altoatesino Bernd Gaensbacher. A suo parere il terzo lockdown è inevitabile: “L’unica arma vincente contro la pandemia è il tracciamento. In Alto Adige si possono tracciare 50 casi al giorno, figuriamoci cosa si riesce a fare con 600-700 casi al giorno. Quando salta il tracciamento, la battaglia è persa e si può solo restare a guardare”. Il virologo non ha voluto commentare la “via altoatesina” che ha consentito maggiori libertà durante le festività di Natale.

Ora però il prezzo da pagare è altissimo: il nuovo lockdown prevede una stretta anche alle misure già previste per la zona rossa. Oltre all’autocertificazione per spostarsi anche all’interno del Comune, alla chiusura di bar, ristoranti e negozi non essenziali, si aggiungono altre misure come la chiusura totale la domenica. Potranno restare sempre aperti solo i punti vendita di generi alimentari, le farmacie, le parafarmacie, le edicole e le tabaccherie. Sospesi i servizi alla persona ad eccezione di lavanderia, pompe funebri, barbieri e parrucchiere, per i quali però è stato disposto l’utilizzo della mascherina Ffp2, che è raccomandata anche negli altri luoghi di lavoro. Infine, tutte le scuole medie e superiori tornano alla didattica a distanza e da giovedì 11 febbraio anche le scuole elementari. Il ritorno alle lezioni in presenza sarà graduale, a partire da lunedì 22 febbraio per le elementari e le medie. Ma per tornare in classe è previsto il requisito del tampone.

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