Quello di Donald Trump è stato “un tradimento di proporzioni storiche” e la sua responsabilità individuale per gli eventi del 6 gennaio che hanno portato all’assalto del Congresso “è inequivocabile”. I manager dell’accusa – l’equivalente del pubblico ministero – descrivono così la condotta dell’ex presidente, che affronta il suo secondo impeachment. È già passato alla Camera – dove era sufficiente la maggioranza semplice -, ma resta improbabile il suo via libera al Senato – dove arriverà l’8 febbraio -, visto che serve il sì di due terzi dei senatori. Se infatti alla House of Representatives i democratici sono 222 (e 10 deputati repubblicani hanno votato con loro) e i repubblicani 213, al Senato è Kamala Harris – vicepresidente dell’amministrazione Biden e presidente dell’aula – l’ago della bilancia. Per l’approvazione finale servirebbero i voti di 17 senatori repubblicani.

“Ha messo in pericolo la vita di tutti i membri del Congresso istigando i supporter alla rivolta caricandoli come un cannone puntato sul Campidoglio”, si legge nelle accuse riferite a Trump. “Ha inoltre minacciato il sistema costituzionale che protegge le libertà fondamentali, messo a repentaglio un pacifico passaggio dei poteri e compromesso la sicurezza nazionale“. Tutto ciò, concludono i manager, costituisce “una violazione costituzionale che legittima l’esclusione da qualunque futuro incarico federale”. Per i manager Trump “ha minacciato il sistema costituzionale istigando la rivolta e la sua condotta deve essere dichiarata inaccettabile nei termini più chiari e assoluti”, affermano, sottolineando come all’ex presidente “dovrebbe essere vietato di ricoprire futuri incarichi pubblici”.

La Camera ha approvato un solo articolo d’impeachment contro Trump, una settimana prima che lasciasse l’incarico. Il Senato potrebbe votare per impedirgli di ricoprire incarichi federali, se fosse condannato. David Schoen, avvocato penale e sui diritti civili, e Bruce Castor, ex procuratore, sono stati annunciati domenica come difensori del magnate, un giorno dopo la rivelazione che l’ex presidente e i legali scelti in precedenza avrebbero interrotto la collaborazione. Per Schoen il processo d’impeachment nei confronti del suo assitito è “l’azione parlamentare più sconsiderata che abbia mai visto nella vita”, un tentativo dei democratici di impedirgli di candidarsi di nuovo, “evidentemente antidemocratico“.

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