Davvero quota 100, lo scivolo che consente di andare in pensione un po’ prima con un assegno più leggero, ha “salvato 360mila italiani“? A sostenerlo è stato Matteo Salvini, che a Di Martedì ha tra l’altro lamentato che il governo Conte 2 ora dimissionario non ha “difeso” la misura sperimentale introdotta per tre anni a partire dal 2019 perché ha deciso che dopo il 2021 non verrà più rinnovata.

In realtà l’uscita anticipata ha riscosso meno adesioni rispetto a quanto previsto dalla relazione tecnica al “Decretone” che l’ha istituita, stando al quale i nuovi pensionati con almeno 62 anni di età e 38 di contributi sarebbero stati nel 2020 oltre 300mila. Stando agli ultimi dati Inps ottenuti dalla Cgil, invece, a fine dicembre le domande accolte risultano essere 267mila: il dato citato dal leader leghista riguarda le richieste presentate, comprese quelle respinte dall’istituto di previdenza.

A fine 2019, riassume il responsabile Previdenza della Cgil nazionale Ezio Cigna, le domande accolte erano “150.768 contro le 290mila previste e nel 2020 se ne sono aggiunte circa 117mila a fronte delle 327mila attese”. La spiegazione? “Tanta gente resta al lavoro perché non essendoci più il metodo retributivo conviene rimanere per avere più versamenti e godere di un coefficiente di trasformazione più elevato grazie a un’età più alta al momento dell’uscita”. Il risvolto positivo per i conti pubblici è che il conto finale dell’intervento sarà molto inferiore rispetto ai circa 21 miliardi previsti: “Il costo complessivo per il triennio sarà più basso di almeno 7 miliardi”, calcola Cigna.

Osservatorio previdenza Cgil – Fondazione Di Vittorio, luglio 2020
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