“Basta soldi buttati per noi, stop al Piano Rom“, si legge su uno dei cartelli esposti stamattina in Piazza del Campidoglio, da alcune decine di famiglie rom dei campi romani di via Candoni, Castel Romano e La Barbuta arrivati sotto la lupa capitolina per chiedere l’assegnazione di una casa popolare. A supportare la protesta l’Associazione 21 Luglio: “Per la prima volta sono i rom a dire alla città di Roma che i piani rom non servono”, spiega il presidente, Carlo Stasolla. “Si tratta di famiglie che hanno fatto regolare domanda di casa popolare senza alcuna corsia preferenziale e adesso chiedono lo sblocco delle assegnazioni ferme ormai da quasi un anno. Se si sbloccasse la graduatoria delle case popolari, molti di loro, senza corsie preferenziali, potrebbero accedere tranquillamente alle abitazioni. Chiedono – ha aggiunto- di essere considerati cittadini come gli altri”.

Per molti avere una casa, significherebbe riuscire a integrarsi. “Basta cambiare indirizzo”, racconta Hanif, tra le poche a essere riuscita a ottenere un alloggio. “Quando vedono scritto via Pontina le porte si chiudono, invece entrando in una casa leggeranno un’altra via e troveranno un lavoro”. C’è chi il proprio lavoro l’ha perso durante la pandemia e ora si sostiene con il reddito di cittadinanza. Ma a rendere difficile la vita nei campi nomadi, soprattutto con la pandemia, ci sono la mancanza di luce e di acqua come raccontano vari manifestanti. Una piccola delegazione è stata ricevuta in Campidoglio, tuttavia l’Associazione 21 Luglio guarda al futuro: “Tra un mese presenteremo un dettagliato piano – conclude Stasolla – dove illustreremo le modalità per chiudere in tre anni tutti i campi della Capitale e lo sottoporremo a ogni sindaco che si candiderà”.

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