La storica conquista collettiva del K2 invernale da parte di dieci guide nepalesi è stata accolta decisamente sottotono dalla comunità alpinistica e soprattutto dei media occidentali, che si sono come girati dall’altra parte. Se non fosse subito arrivata la prima bordata di Reinhold Messner, il capovolgimento epocale che questa impresa segna, nell’iperuranio classista e tardo-colonialista del cosiddetto himalaysmo, sarebbe quasi sfuggito ai più: il nostro più grande campione, tra l’altro, ha auspicato che anche gli alpinisti pakistani possano presto conquistarsi il posto al sole che meritano tanto quanto gli sherpa, dopo cent’anni di servitù per consentire agli occidentali di farsi belli sulle loro montagne; e, soprattutto, si è pronunciato senza mezzi termini contro la moda effimera e ‘senza fantasia’ delle spedizioni invernali agli Ottomila.

Bordata, tra le righe, che non solo va a colpire l’assurdità dello stile ‘pesante’ e inquinante di assalti come quelli in corso sotto al K2, di cui abbiamo già detto tra i primi; ma può anche essere letta come la più autorevole stroncatura delle carriere costruite su queste sfide, prima di tutto quelle del bergamasco Simone Moro (che non a caso afferma pubblicamente di non considerare Messner un modello e men che meno un maestro), e della conterranea bolzanina Tamara Lunger.

Un’evidenza quanto mai interessante, anche per spiegare l’istintiva ritrosia di gran parte dei nostri media, è stata la scelta dei dieci fortissimi nepalesi (nove di etnia sherpa, tra cui il capo spedizione Cchang Dawa, e l’ex ghurkha Nirmal ‘Nims’ Purja, fresco recordman di un’incredibile successione dei 14 Ottomila in sei mesi e sei giorni), di arrivare tutti insieme al tetto degli 8mila e 611 metri cantando l’inno del proprio Paese: una scelta oltremodo difficile, anche perché i primi salitori si sono assunti ulteriori rischi rallentando e poi stando fermi dieci metri sotto la vetta ad aspettare gli altri, dopo una ventina di ore durissime, a una temperatura che è stata calcolata intorno ai meno 50!

Figli fortunati di un poverissimo e sventurato Paese, hanno impartito a noi occidentali individualisti e consumisti una lezione due volte morale: sono arrivati insieme, mettendo da parte rivalità e disarmonie (si parlava ancora di recente, per esempio, di un certo risentimento degli sherpa del gruppo chiave, l’agenzia Seven Summit Trek, nei confronti di Nims Purja e dei suoi di Elite), collaborando anche nell’adempimento degli impegni di lavoro come guide (non hanno pensato ad arrivare in fretta al traguardo ma ad attrezzare con corde e punti di assicurazione tutta la difficile parte alta della via di salita, per i clienti occidentali che sono rimasti tra campo base e primi campi). Che poi, con tutto quello che hanno fatto, i dieci nepalesi abbiano dovuto usare anche l’ossigeno delle bombole, per adesso lo si fa notare incidentalmente, magari sottolineando subito che non ha senso biasimarli, come ha fatto sul suo profilo Facebook Hervé Barmasse, seppure il re dei puristi Messner si è ben guardato da farne cenno.

Ora, il paradigma della conquista invernale collettiva degli sherpa al K2, fa particolarmente impressione non solo per il risvolto sociale ‘spartachista’, dopo cent’anni di servitù oscura agli alpinisti ricchi, ma anche se si pensa che i nepalesi, pur essendo meno della metà di noi italiani, sono profondamente divisi in un centinaio di gruppi etnici o castali: altro che Italia Viva, Pd, Leu e Sinistra Italiana, Azione e Possibile, Potere al popolo e Comunisti! In fondo, un’altra bella occasione persa dai nostri giornaloni per spendere qualche parola d’ammonimento ai vari pseudo-campioni del litigio al potere di casa Italia.

Tra i media specializzati che hanno invece dato spazio alla notizia, l’omologo spagnolo della nostra Gazzetta rosea, ‘Marca‘, ha impostato l’intera prima pagina con il titolo a scatola “Gloria y Drama en el K2” per dare conto insieme della tragica contemporanea notizia, la morte dopo una caduta in discesa verso il campo base del fortissimo, solare e generoso alpinista spagnolo Sergi Mingote. Mingote, che avrebbe voluto tentare la prima conquista senza ossigeno del K2, era il numero uno degli alpinisti aggregati alla spedizione commerciale monstre, al cui allestimento collaborano attivamente le agenzie nepalesi guidate da SST.

Dopo lo sfortunato incidente, negli ultimi minuti di vita, Mingote è stato assistito dalla nostra Tamara Lunger e da altri due alpinisti occidentali presenti: le cronache poi registrano che il corpo senza vita è stato riportato a campo base e infine caricato su un elicottero dai soliti immancabili sherpa. Dettaglio che non ha sollevato nessuna minima inquietudine, e forse meglio così…

Foto in evidenza tratta dalla pagina Facebook Seven Summit Treks (SST)
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