“Fate come la Germania”: qui in Italia, per tutta la pandemia Berlino è stata indicata come il modello da seguire per garantire i ristori alle imprese colpite dalle chiusure per via del coronavirus. “I rimborsi siano certi e immediati come in Germania”, diceva il 23 dicembre scorso il leader dell’opposizione, Matteo Salvini, commentando le restrizioni natalizie. “Non facciamo paragoni con la Germania perché loro danno i soldi alle piccole e medie imprese mentre noi stiamo morendo di fame”, dice lo chef Gianfranco Vissani all’Adnkronos, rilanciando la protesta “Io apro” indetta per il 15 gennaio dai ristoratori. In Germania, però, i ristori non sono né certi né immediati. Anzi, uno studio dell’Institut der Deutschen Wirtschaft (Iw) mostra che le imprese tedesche citate da Vissani hanno ricevuto in realtà appena l’8% dei fondi stanziati questo autunno per gli Überbrückungshilfe I e II (gli aiuti-ponte, ovvero i rimborsi di una parte dei costi fissi delle imprese, introdotti da settembre). E ancora peggio è andata sul fronte dei ristori promessi per i mesi di novembre e dicembre: a destinazione è arrivato solo il 4% del totale previsto. I motivi sono da una parte un pasticcio burocratico che ha costretto il governo a modificare in corsa le condizioni di accesso, dall’altra una lentezza – dovuta anche a problemi informatici – che sembra essere stata risolta solo negli ultimi giorni. E le imprese tedesche? Sono sul piede di guerra e preoccupate, perché il paradosso è che alcune rischiano anche di dover restituire parte dei soldi ricevuti.

Il quotidiano economico Handelsblatt denuncia la rabbia di tutte le aziende, dalle piccole e medie imprese ai grandi colossi della ristorazione. Solo da martedì 12 gennaio hanno iniziato a ricevere gli aiuti promessi a novembre, quando la cancelliera Angela Merkel annunciò il semi-lockdown e le conseguenti chiusure, inasprite poi a metà dicembre. Ci sono stati anche dei problemi con la piattaforma online per la presentazione delle domande. I bug informatici però spiegano solo in parte la lentezza della macchina che dovrebbe distribuire gli aiuti. I dati raccolti da Iw, uno dei principali istituti economici tedeschi, mostrano che solo il 76% dei fondi stanziati per gli aiuti immediati a piccole aziende, autonomi e liberi professionisti sono stati utilizzati. Dei 24,6 miliardi di euro disponibili per gli aiuti-ponte, invece, ne sono stati pagati appena 2,1 miliardi (l’8%). I ristori di novembre e dicembre invece sono fermi al 4%: appena 1,5 miliardi versati a fronte di 39,5 disponibili. In totale, riassume Iw, nel bilancio 2020 erano previsti 42,6 miliardi di euro di ristori, ne sono stati erogati 15,8 miliardi, solo il 37%. “Un aiuto credibile non deve essere solo mirato e sufficientemente ampio, ma deve anche essere fornito in tempo utile“, conclude l’istituto nella sua analisi.

Il ministro delle Finanze tedesco, il socialdemocratico Olaf Scholz, ha spiegato questi numeri sostenendo che “la situazione economica di molte aziende si è sviluppata più favorevolmente di quanto si temesse e gli affari sono ripresi rapidamente“. Stefan Genth, presidente dell’associazione dei commercianti tedeschi, a Die Welt l’ha definita un’affermazione “oltraggiosa“. Le imprese denunciano infatti come dietro ai pochi ristori incassati ci sia una complessità burocratica eccessiva, che sta mettendo in crisi anche i consulenti fiscali. “Veloce e non burocratico: questo era stato promesso dai politici. Purtroppo, l’impegno non è stato mantenuto. Anzi”, è il commento all’Ard di Hartmut Schwab, presidente della Bundessteuerberaterkammer (l’organismo di autogestione professionale dei consulenti fiscali tedeschi, ndr). Al contrario dell’Italia, dove i ristori previsti per la seconda ondata vendono distribuiti direttamente dall’Agenzia delle Entrate con lo stesso meccanismo varato in giugno con il decreto Rilancio, il governo tedesco ha invece previsto diversi tipi di aiuti, calcolati mese per mese sulla base del confronto con l’anno precedente.

Il principale pasticcio burocratico di Berlino ha riguardato però gli aiuti-ponte, ovvero i rimborsi di una parte dei costi fissi delle imprese. Introdotti da settembre, prevedono un contributo pari a un massimo del 90% dei costi fissi mensili, che varia in base al crollo delle vendite avuto in confronto allo stesso mese del 2019. Però, per adeguare la legge ai paletti stabiliti dalla normativa europea sugli aiuti di Stato, il governo tedesco ha dovuto successivamente correggere il provvedimento. I costi fissi sono diventati quindi “Ungedeckte Fixkosten“: sono rimborsabili solo i costi fissi non coperti dai ricavi o da altre forme di sussidio. In altre parole, deve esserci una perdita di bilancio nel mese per cui si chiede il ristoro e la somma garantita dallo Stato arriverà a coprire al massimo questa perdita, non di più. Chi ha già fatto richiesta, rischia ora di dover restituire parte degli aiuti. Oppure, di doverla rifare da capo.

“Questi piccoli cambiamenti hanno conseguenze drammatiche per noi “, dice all’Handelsblatt Olaf Stegmann, che con la sua azienda di famiglia gestisce sette teatri da Brema a Monaco. Anche i criteri di accesso ai ristori di novembre e dicembre sono stati modificati successivamente, sempre in modo restrittivo. Il risultato è che le aziende possono contare su meno aiuti di quanto avevano inizialmente previsto. Stefan Romberg, ristoratore di Essen, sempre all’Handelsblatt riassume la situazione: “Siamo ormai al terzo mese senza alcun aiuto. Finora per novembre è stato versato solo un anticipo di 10mila euro”. Per le grandi imprese parla Mirko Silz, capo della catena di pizze e pasta L’Osteria che gestisce circa 130 ristoranti in Germania. E’ la testimonianza della complessità del sistema di ristori tedesco: la sua società non ha ancora richiesto alcun aiuto perché i suoi consulenti fiscali e revisori dei conti non sono stati in grado di calcolare l’esatto importo a cui avrebbe diritto.

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